di Yari Lepre Marrani –
Il Regno Unito, padre del costituzionalismo europeo moderno, riassume in sé quelle peculiarità caratteristiche delle democrazie non solo più antiche ma, anche, più solide. In questa sede abbiamo, per due volte, ripercorso a ritroso i primi due documenti fondanti la Costituzione inglese, sottolineando sempre che quest’ultima non si riassume in un singolo documento scritto, ma si compendia in un insieme di leggi, convenzioni, usi e consuetudini storiche evolutesi nel corso dei secoli: non esiste, a tutt’oggi, una “Costituzione inglese”, nel senso di una Carta fondamentale scritta, fonte superprimaria alle altre, come avviene in molti altri paesi, tra i quali l’Italia la cui Costituzione è scritta, lunga e rigida e richiede una particolare procedura per modificarla, più gravosa rispetto all’emanazione di una legge ordinaria (v. art. 138 Cost.). Il parallelismo tra la Costituzione inglese e quella italiana fa emergere i differenti percorsi storico-politici dei due paesi, propedeutici ad una differente concezione dei meccanismi costituzionali che li regolano.
La Magna Charta Libertatum (1215) fu il punto d’inizio di una rivoluzione legislativa che portò con se conseguenze di dimensioni incalcolabili per l’Inghilterra e lasciò quell’impronta tipica della Costituzione inglese per la quale essa non è un documento redatto a tavolino dal corpo legislativo, ma un insieme di libertà conseguite come privilegi conquistati con la lotta e la rivolta dal popolo britannico. L’ultimo, fondamentale documento che ha impresso la sua fisionomia all’ossatura costituzionale britannica è il c.d. Bill of Rights o Atto dei diritti (1689) o Bill of law, una dichiarazione dei diritti approvata dal Parlamento inglese nel 1689, dopo la gloriosa rivoluzione del 1688. Il Bill of Rights britannico anticipa di un secolo esatto la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino emanata dalla Francia rivoluzionaria nel 1789: alcuni binari del costituzionalismo europeo sembrano, dunque, incontrarsi seppur sotto forme e contesti differenti ma, in questo anticipo di tempi, l’Inghilterra ha dimostrato di giungere prima al riconoscimento di quelle garanzie costituzionali rispetto ai risultati raggiunti dall’Europa continentale.
L’Atto dei Diritti inglese del 1689 è dunque una dichiarazione di carattere costituzionale; suddivisa in 13 capitoli, nel primo dei quali sono enunciate le ragioni storiche e politiche della sua emanazione. Risulta infatti che i lord e i Comuni, riuniti a Westminster il 13 febbraio 1688, fecero ai principi di Orange, Guglielmo e Maria, una dichiarazione precisa nella quale, constatato che il re Giacomo II, dopo aver cercato di distruggere la religione protestante, le leggi e le libertà del paese, ebbe ad abdicare e che lo stesso principe d’Orange, mediante lettere ai lord e alle altre rappresentazione, provvide a indire nuove elezioni onde evitare che la religione e le altre libertà corressero pericolo. La Dichiarazione dei Diritti elenca accuratamente i diritti e le libertà richiesti. Tra i principali: il potere regio non può sospendere le leggi o la loro esecuzione senza il consenso del Parlamento; lo stesso potere regio non può dispensare dalle leggi e dalla loro esecuzione. Sono altresì sanciti molti altri diritti: l’illegalità di imposte per la Corona o loro modalità senza consenso del Parlamento; divieti di imprigionamenti e processi per petizioni dei sudditi al re, di imporre leva e mantenere un esercito in tempo di pace senza il consenso del Parlamento, di esigere cauzioni, imporre ammende eccessive e sproporzionate o infliggere pene crudeli o insolite ai detenuti o condannati, di rimettere o promettere ammende e pene prima di un regolare giudizio. Libertà significative e riconosciute dall’Atto dei Diritti furono la libertà ai sudditi protestanti di portare armi regolamentari per la propria difesa, la libertà di elezione dei membri del Parlamento, quest’ultima connessa al suo naturale corollario, cioè la libertà riconosciuta di parola nelle discussioni e negli atti del Parlamento stesso.
L’art. IX stabilisce un’importante limitazione in materia religiosa, cioè che tutti coloro i quali sono o saranno riconciliati o entreranno in relazione con la Santa Sede Romana e con la Chiesa di Roma, o professino la religione papista o si maritino con i papisti , saranno esclusi e dichiarati per sempre incapaci di ereditare e di godere della Corona e del governo d’Inghilterra e degli altri Stati quali Francia, Irlanda e Stati indipendenti, tutti allora sottoposti alla Corona d’Inghilterra. L’art. X prescrive altresì le modalità per il giuramento del sovrano e i seguenti regolano materie transitorie.
L’Atto dei Diritti, assieme alla Magna Charta, all’Habeas Corpus Act, alla Legge di Successione del 1701, con i trattati di unione, la Common Law e gli Statuti, costituisce un fattore dei più notevoli del grande organismo costituzionale britannico, fattore di carattere storico. Come ogni altro atto formativo della Costituzione britannica, anche questo non è ispirato a formule dottrinali astratte (es. dottrine illuministiche) ma alle particolari condizioni di clima storico del momento in cui sorse. E, invero, le libertà affermate dal Bill of Rights sono quelle stesse violate da re Giacomo II e che si erano venute affermando per consuetudine nella coscienza popolare britannica. Un nuovo, ulteriore esempio del carattere peculiare della costituzionalismo inglese che vede le libertà dei cittadini inglesi svilupparsi come frutto di conquiste ottenute attraverso lotte, rivolte e battaglie politiche tali da trasformare le libertà stesse in privilegi faticosamente ottenuti.