Il Consiglio europeo chiude il rubinetto degli oleodotti russi. Ma ormai si va verso il multipolarismo

di Enrico Oliari –

Il Consiglio europeo ha approvato il sesto pacchetto di sanzioni alla Russia con lo scopo di portare il leader del Cremlino Vladimir Putin a fermare le ostilità in Ucraina. Tra i provvedimenti quello più evidente è il graduale stop all’acquisto di petrolio russo, che non riguarderà da subito Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, paesi che non hanno accesso al mare e che necessitano prima della costruzione di nuove linee di approvvigionamento. Si era parlato in precedenza di tenere aperto l’oleodotto dell'”Amicizia” (Druzhba), che con i suoi 4mila chilometri attraversa Bielorussia e Polonia per arrivare in Germania, ma sia Berlino che Varsavia ne hanno annunciato la chiusura a breve.
Soddisfazione è stata espressa dal premier italiano Mario Draghi, il quale ha spiegato che “l’Italia non ne è uscita penalizzata” in quanto la chiusura al petrolio russo arriverà entro la fine dell’anno, e comunque “Putin non può vincere questa guerra, la pace la può essere decisa solo da Kiev”. Per Draghi le sanzioni in Russia si faranno sentire già questa estate, e comunque l’embargo “durerà molto tempo”, ma l’Italia è riuscita a portare dalla sua i vari paesi europei sul tema di imporre un tetto al prezzo del gas, e a tal proposito è stata incaricata la Commissione europea di studiarne la fattibilità.
Al momento non c’è ancora lo stop al gas russo: per il premier italiano si tratta di “una situazione frustrante, che mette a disagio, ma diversamente non si piò fare”.
Draghi ha fatto notare ai giornalisti la posizione del nostro paese di appoggiare l’entrata dell’Ucraina nell’Ue, ma da parte degli altri paesi europei vi è prudenza; ha poi spiegato la necessità che le navi di grano partano dall’Ucraina per rifornire soprattutto il Nord Africa, ma a momento la Russia ne blocca la partenza ed i treni non sono certo in grado di trasportare gli stessi quantitativi.
Rispondendo alla domanda di un giornalista, il capo di Palazzo Chigi ha fatto notare che serve una maggiore interoperatività fra le forze armate europee, dal momento che nel quadro europeo sussistono “tantissimi eserciti, tantissimi schemi”, ma “spesso le attrezzature militari non sono interscambiabili, persino elicotteri di un tipo non utilizzabili da piloti di altri paesi”.
Entusiasta per il “forte segnale di unità” è stato il cancelliere tedesco Scholz, il quale ha aggiunto che è stato invitato Volodymyr Zelensky per spiegare in teleconferenza quanto sta avvenendo sul campo, ma d’altronde è l’immancabile ed onnipresente presidente ucraino a dettare da qualche mese la tabella di marcia dell’Ue.
E’ difficile valutare il peso delle misure introdotte dai Ventisette, dal momento che tra controsanzioni e conseguenze delle sanzioni a rimetterci sono le fasce deboli di entrambe le parti, basti guardare i prezzi alla pompa di benzina o la bolletta del gas. Di certo nel breve periodo la Russia soffrirà per i provvedimenti occidentali, ma nel lungo creerà nuove interazioni ad esempio con Cina, India e Pakistan, paesi che da soli rappresentano 3 miliardi di persone: se il gas non andrà verso occidente, andrà verso oriente e verso sud, come pure se le banche russe, come ieri la Sberbank, verranno escluse dal sistema Swift, si affideranno ad un sistema alternativo, come potrebbe essere il cinese Cips, basato sul renminbi.
La crisi ucraina ed un’Europa che alla via del dialogo ha preferito schierarsi stanno spingendo quindi verso un mondo multipolare, con la conseguente perdita di centralità dell’occidente.