Il pasticcio del Global Compact

di C. Alessandro Maceri

Negli ultimi mesi il fenomeno delle migrazioni ha raggiunto dimensioni che ne hanno fatto oggetto di discussioni quotidiane. Dibattiti tuttavia sempre più spesso strumentalizzati e privi di fondamenti e basi scientifiche o statistiche. Pochi hanno detto che la causa principale delle migrazioni in atto, che vedono coinvolte oltre 258 milioni di persone nel mondo, non sono le guerre (causano “solo” 68 milioni di migrazioni), ma la ricerca del lavoro, per oltre 150 milioni di persone. E ancora meno si è parlato della ripartizione territoriale e degli accessi: i tre paesi maggiormente interessati a questi flussi migratori in Europa sono la Spagna, la Grecia e l’Italia, ma di questi proprio l’Italia è il paese che ha registrato meno accessi nell’ultimo periodo.
Un fenomeno complesso e pieno di mille sfaccettature quello delle migrazioni, ma che troppo spesso resta lontano dai cittadini: quanti sanno che diversi studi parlano di un miliardo di “profughi ambientali” nel giro di pochi anni? Eppure di loro, nelle leggi attuali, non se ne parla.
A livello europeo gli accordi tentati, come quello di Dublino e sue successive modifiche, sono stati spesso dei fallimenti: raramente quanto era previsto è stato attualizzato.
Per cercare di regolamentare i flussi migratori, presso l’Assemblea generale dell’Onu del settembre 2016 più di 190 Paesi avevano firmato quella che è stata poi chiamata “Dichiarazione di New York”. Anche l’Italia, oltre ad averla firmata, aveva annunciato il proprio sostegno durante l’Assemblea generale dello scorso settembre per bocca del premier Giuseppe Conte. Salvo poi cambiare idea e tirarsene fuori, annunciando che non parteciperà neanche alla prossima conferenza, a Marrakech.
L’Italia è solo l’ultima ad essersi tirata indietro: in ordine di tempo si sono sono usciti dall’accordo gli Stati Uniti, l’Ungheria di Vitkor Orban, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Polonia, l’Austria, la Bulgaria, la Croazia, Israele e l’Australia. La Svizzera ha annunciato che non andrà al vertice in attesa di un pronunciamento del Parlamento.
In questo “sì” e “no” nessuno si è tuttavia preso la briga di informare i cittadini su cosa prevede realmente questo accordo, definito Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration. L’accordo si basa su 23 “obiettivi”. https://www.iom.int/global-compact-migration Misure come la creazione di una rete internazionale per l’accoglienza “sicura” e “di sostegno” a migranti e rifugiati. O la lotta alla xenofobia e allo sfruttamento, il contrasto del traffico di esseri umani, il potenziamento dei sistemi di integrazione, l’assistenza umanitaria, l’adozione di programmi di sviluppo e di procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, partendo dalla Convenzione sui rifugiati del 1951.
Tutti aspetti peraltro già contenuti in altri accordi sottoscritti e ratificati da molti dei paesi che si sono tirati indietro e che non prevedono affatto (come invece avevano sbandierato) la cessione di parti di sovranità nazionale, cosa al contrario evidente in altri accordi mai messi in discussione, a cominciare dalla cessione del potere di emettere moneta con le ripercussioni che questo comporta.
Il Global Compact prevede anche “il riconoscimento e l’incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale” e un maggiore sostegno ai Paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati. Un tema che sarebbe un vantaggio per l’Italia, e sotto due punti di vista: il primo è quello degli aiuti economici che potrebbero seguirne, se è vero come viene detto da alcuni leader politici che è in atto “un’invasione” (si tratta di dati smentiti dai numeri; il secondo sarebbe far fronte al calo delle nascite che, come ha confermato proprio ieri il rapporto dell’ISTAT, è assolutamente preoccupante, dal momento che si parla di un trend decrescente che lo scorso anno ha fatto registrare 15mila nati in meno rispetto al 2016, con ripercussioni che potrebbero essere pesanti anche sotto il profilo dei bilanci dell’INPS.
Un altro aspetto assolutamente fondamentale, ma di cui la maggior parte dei media non ha parlato, è che il Global Compact è un impegno non vincolante: in altre parole sottoscriverlo non imporrebbe al Parlamento di ratificarlo e tramutarlo in legge. E questo il governo italiano pare averlo compreso: il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, rispondendo a una specifica domanda di Giorgia Meloni sull’accordo, (min. 1.40) ha detto che “non sarà un atto giuridicamente vincolante”, come risulta scritto a chiare lettere nell’accordo (punto 7 del Preambolo), ovvero che il Global Compact è una “piattaforma non vincolante, (…) che favorisce la cooperazione internazionale tra attori rilevanti circa la migrazione, riconosce che nessuno Stato può affrontare il fenomeno migratorio da solo, conferma la sovranità degli Stati e le loro obbligazioni in base al diritto internazionale”.
Anche la tesi di alcuni esponenti del governo, i quali affermano che l’accordo metterebbe sullo stesso piano migranti economici e rifugiati, appare non del tutto corretta: nel punto 3 del Preambolo si dice che “migranti e rifugiati possono affrontare diverse sfide comuni e vulnerabilità simili”, cosa vera dato che spesso i percorsi sono simili, ma al punto successivo le due posizioni vengono distinte in modo chiaro, cioè “Rifugiati e migranti hanno diritto agli stessi diritti umani universali e libertà fondamentali (…), tuttavia migranti e rifugiati sono gruppi distinti, regolati da sistemi legali differenti. Solo i rifugiati hanno diritto a una specifica protezione internazionale definita dalle norme internazionali sui rifugiati”.
Non si capisce quindi, per quale motivo il governo abbia deciso di cambiare idea e ritirarsi non solo dalla firma dell’accordo ma anche dagli incontri (importantissimi) in cui si parlerà dei problemi dei flussi migratori che si svolgeranno in Marocco a breve. Il Global Compact potrebbe essere una buona base su cui intraprendere un discorso sul tema dell’immigrazione internazionale in Europa, specie dopo il fallimento di Dublino. L’accordo così osteggiato dal governo infatti,punta a individuare e limitare le cause che sono alla base dei flussi migratori, in particolare quelli irregolari, rafforzando anche gli accordi di rimpatrio.
Per contro rinunciare al dialogo su questo tema fondamentale rischia di creare uno stato di confusione non indifferente, dentro e fuori i confini del paese e dell’Europa.
Ma forse è proprio questo l’obiettivo finale: distrarre quanto più possibile l’attenzione da quelli che sono i problemi reali e far dimenticare il mancato rispetto delle promesse fatte durante la propria campagna elettorale. Promesse come l’abolizione delle accise sui carburanti, definita “la tassa più alta d’Europa sulla benzina”, con immagini mediatiche che a molti ricordarono Renzi quando presentò la “Buona Scuola”. Salvo poi ricevere una sonora bocciatura in Commissione Bilancio alla Camera. E proprio dalla Lega, per quanto la senatrice Comaroli abbia tenuto a non togliere le speranze dicendo: “Ci sono ancora cinque anni”. Anche sui mezzi decisionali poi non mancano i problemi: circa la decisione di non firmare il Global Compact, Salvini ha ribadito che “é una scelta, noi avremmo potuto fare le scelte che hanno fatto altri governi prima del nostro. A differenza di qualcun altro che ha messo decine e decine di fiduce senza far parlare nessuno, su questo lascerà che sia il Parlamento a pronunciarsi”. Peccato che questa dichiarazione sia stata fatta quasi contemporaneamente a quella di porre la questione di fiducia su una materia importante come il Dl Sicurezza. E anche in questa norma le misure che avranno un impatto rilevante per i migranti e i minori stranieri non accompagnati non mancano.