di Armando Donninelli –
Il progetto Grande Albania corrisponde all’idea di unificare i territori che sono abitati prevalentemente da popolazioni di lingua albanese.
Si tratta di un idea che ha cominciato a delinearsi con precisione alla fine del 1800. Difatti, fino a quel momento, le élite di lingua albanese erano piuttosto disunite, favorite in ciò dall’Impero Ottomano che, dominatore di quelle popolazioni da 500 anni, applicava in modo rigoroso ed efficace il divide et impera.
In particolare gli ottomani tendevano a favorire nettamente i musulmani albanesi, circa i 2/3 della popolazione complessiva, ciò a scapito dei cattolici albanesi, approssimativamente il 10% e concentrati a nord, ma anche degli albanesi ortodossi, attorno al 20% e residenti soprattutto nel sud.
Il punto di svolta fu la Guerra Russo-Turca (1877-1878), difatti ad un certo punto del conflitto emerse con chiarezza la possibilità che il dominio unitario ottomano sui territori albanesi venisse a cessare a seguito della perdita di alcune zone. Ciò allarmò molto i leader delle varie comunità albanesi e, per decidere il da farsi, si riunirono nel giugno del 1878 a Prizren ove fondarono la Lega di Prizren che, in futuro, li avrebbe dovuti rappresentare e tutelare.
Tale organismo, almeno originariamente, non aveva come obiettivo ultimo la secessione. Gli stessi leader nazionalisti si rendevano conto che le differenze religiose e regionali avrebbero costituito un sistema difficile da gestire e, di conseguenza, cercavano più limitatamente, oltre alla conservazione dell’unità territoriale, anche di ottenere una maggiore autonomia amministrativa all’interno dell’Impero Ottomano.
I governanti di Istanbul, nonostante la profonda crisi dell’Impero, rifiutarono con forza tali richieste e costrinsero all’esilio molti leader del nazionalismo albanese.
L’indipendenza effettiva dell’Albania arrivò nel 1913, a seguito delle Guerre Balcaniche (1912-1913), tuttavia restavano fuori dal territorio del nuovo stato vasti territori abitati da albanesi e passati sotto la sovranità di Grecia e soprattutto Serbia.
A seguito della conclusione della Prima Guerra Mondiale, il territorio dell’Albania divenne oggetto di una pesante rivalità tra Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, ciò al fine di guadagnare influenza sul nuovo e debole stato. Roma, anche violando precedenti accordi con Belgrado, riuscì a trasformare l’Albania in un proprio satellite, ciò a partire dal 1924. Tutto questo mentre i numerosi madrelingua albanesi residenti nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni erano sottoposti ad una violenta campagna diretta ad ottenere la loro assimilazione e a negare le loro peculiarità culturali e religiose.
Fu proprio periodo successivo al termine della Prima Guerra Mondiale che si rafforzò l’idea di unificare tutte le popolazioni di lingua albanese, a ciò contribuirono in modo decisivo le persecuzioni appena citate.
Nel 1918 venne creato, da parte di ex combattenti contro gli ottomani, il Comitato del Kosovo. Il suo obbiettivo era unire all’Albania tutte le popolazioni di lingua albanese, ciò a cominciare da quella numericamente più importante residente nel Kosovo. Si trattava di un movimento di resistenza clandestina che aveva tra i suoi nemici anche il governo di Tirana, considerato troppo tiepido dinnanzi al progetto della Grande Albania. Molti suoi dirigenti furono uccisi, riuscì tuttavia a dimostrare l’idea di unificare gli albanesi con la forza aveva guadagnato spazio e consensi tra la popolazione.
Nell’aprile 1941, a seguito della sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale della Jugoslavia, il progetto della Grande Albania parve sul punto di realizzarsi. Difatti, a quel punto, il governo di Tirana, a sua volta controllato sotto forma di protettorato da Roma, ottenne il controllo di quasi tutto il Kosovo, di parte della Macedonia del Nord, della Serbia e del Montenegro. Tutte zone abitate in prevalenza da albanesi. Gli storici sono concordi nell’affermare che Mussolini sostenesse il progetto della grande Albania non perché fosse un suo convinto sostenitore ma, piuttosto, perché lo considerasse uno strumento valido per assicurare all’Italia il controllo, anche se in via indiretta, di quei territori.
Vanno ricordate le pesanti persecuzioni che subirono i serbi residenti in quel periodo nei citati territori, caratterizzate da numerose esecuzioni sommarie, espulsioni e detenzione all’interno di campi di prigionia.
Dopo la capitolazione dell’Italia fascista del settembre del 1943, tale territorio passò sotto il controllo della Germania che lo detenne fino alla fine del conflitto, momento in cui l’Albania dovette tornare ai suoi confini prebellici.
Nel periodo immediatamente successivo alla conclusione del conflitto, il governo comunista guidato da Hoxha cooperò con il governo comunista di Tito nella repressione dei nazionalisti albanesi del Kosovo, rinsaldando in tal modo una collaborazione che si era creata proprio in tale ambito nel corso della guerra partigiana. Nell’immediato dopoguerra Hoxha non cercò mai seriamente di giungere all’unificazione con le popolazioni albanesi della Jugoslavia. Suo obiettivo principale era consolidare le deboli strutture statali e, per tale motivo, aveva bisogno dell’appoggio di Tito.
Nel 1948 i due leader comunisti, grazie soprattutto al ruolo di Stalin, entrarono in rotta di collisione. Da questo momento Hoxha iniziò ad effettuare dichiarazioni roboanti e minacciose in ordine all’unificazione delle popolazioni di lingua albanese. Si trattava di affermazioni puramente propagandistiche, dirette a soddisfare l’opinione pubblica albanese, difatti il ruolo internazionale dell’Albania era talmente limitato che non vi sarebbero state conseguenze di rilievo, di ciò Hoxha era perfettamente consapevole.
Negli anni 90 del secolo scorso, con la dissoluzione della Jugoslavia e con i conflitti che ne sono scaturiti, il progetto della Grande Albania riprese vigore. In particolare nel conflitto in Kosovo, prima latente e poi divenuto aperto scontro armato, i leader della guerriglia kosovara affermavano che l’obiettivo ultimo della loro lotta era la creazione di uno stato etnico albanese che, oltre all’Albania, doveva comprendere anche il Kosovo e le parti abitate da albanesi della Macedonia del Nord, della Serbia e nel Montenegro. L’opinione pubblica albanese, anche quella costituita da emigranti, appoggiò con forza tale idea fornendo un grande supporto materiale e morale ai combattenti kosovari.
Il conflitto si concluse con un accordo, nel 1999, in base al quale le forze jugoslave si sarebbero ritirate dal Kosovo e, al loro posto sarebbero subentrate forze internazionali, ciò al fine specifico di stabilizzare l’area e rinviando al futuro una decisione sullo status del Kosovo.
La vicenda del Kosovo, anche se conclusa pacificamente, aveva rafforzato il movimento panalbanese. Basti pensare che di lì a poco all’interno delle comunità albanesi della Macedonia del Nord e della Serbia iniziò una vera e propria attività di guerriglia le autorità locali, ciò a fini secessionisti per unirsi successivamente ad un grande stato etnico albanese.
Autorità governative serbe, ma anche accademici di quel paese, hanno affermato, con grande forza in quel periodo, che il progetto di unificare le popolazioni albanesi corrispondesse a un progetto islamico, con finanziamenti provenienti da paesi del Medio Oriente, diretto a costituire un grande stato islamico per espandersi poi in Europa con i suoi precetti. Ciò in quanto la religione maggioritaria tra i madrelingua albanesi è l’Islam. Tuttavia non sono mai emersi solidi legami tra gli irredentisti albanesi e i movimenti integralisti islamici, ciò non toglie che, specie in futuro, si debba controllare attentamente questo inquietante profilo.
All’inizio del nuovo millennio, anche grazie alle turbolenze citate, il progetto della Grande Albania era più forte che mai, oltre che nelle comunità albanesi citate anche nella madre patria Albania. Qui tutti i partiti, indistintamente, erano per l’unificazione degli albanesi, gli stessi intellettuali, con pochissime eccezioni, appoggiavano con forza l’idea. L’arrivo delle nuove tecnologie favoriva il suo diffondersi e radicarsi ulteriormente nell’opinione pubblica.
Da questo momento è però cominciato un lento declino della centralità di tale tema nell’ambito del dibattito politico e culturale del paese. Questo a causa della diffusa consapevolezza dei grandi ostacoli alla realizzazione dell’unità albanese e, al tempo stesso, dal profilarsi di nuove emergenze.
Il tema periodicamente torna al centro della scena politica di Tirana, me più per dimostrare il patriottismo dei vari politici che di volta in volta affermano di voler ottenere l’unità degli albanesi che non con seri intenti. Ad esempio nel 2012, nel corso delle celebrazioni per il centenario della nascita dell’Albania, l’allora Presidente Sali Berisha affermò, sostanzialmente, che voleva realizzare il progetto della Grande Albania. Ma si trattava chiaramente di propaganda, come viene dimostrato dal fatto che Berisha faceva riferimento anche all’adesione dei territori un tempo abitati da albanesi e ora sotto il controllo greco. La cosa, come è ovvio, non ebbe conseguenze se non attizzare polemiche con i paesi vicini.
Diverso è il caso del Kosovo che, dichiarata unilateralmente l’indipendenza nel 2008, si trova in una situazione di perenne conflittualità con la Serbia che, oltretutto, può contare sul supporto di una consistente minoranza serba in Kosovo. Per cercare di rafforzare la propria posizione in questo conflitto latente, i politici di Pristina sono concordi nel cercare di ottenere l’unificazione con Tirana. Anche recentemente Presidente e Primo Ministro del Kosovo sono tornati con forza a sostenere tale obiettivo.
Nella Macedonia del Nord,l’altro paese della regione ove vive una consistente comunità albanese e, in teoria, coinvolto nel progetto Grande Albania, la situazione sembra molto più tranquilla. Superate le turbolenze di inizio millennio, le forze politiche che rappresentano gli albanesi hanno iniziato a collaborare alla vita istituzionale del paese e abbandonato gli intenti secessionisti. In particolare il maggiore partito albanese, vale a dire l’Alleanza per gli Albanesi, è entrato in alcune coalizioni di governo assieme ai Socialdemocratici.
Molti analisti concordano sul fatto che, in generale, i politici di lingua albanese della regione non vogliano seriamente unificare gli albanesi, bensì utilizzino periodicamente tale argomento solo per guadagnare consensi in un contesto caratterizzato da molti problemi, di vario genere, e da un’aspra contrapposizione tra partiti. La medesima finalità propagandistica è anche alla base dello spauracchio della Grande Albania da parte dei politici dei paesi circostanti che, da un’attuazione del progetto Grande Albania, sarebbero danneggiati, a cominciare dai serbi.
Va inoltre ricordato che i paesi interessati da un’eventuale unificazione dei madrelingua albanesi hanno fatto tutti domanda di adesione alla UE. Tale procedimento di adesione si sta rivelando molto complicato e, tra le varie condizioni imprescindibili poste da Bruxelles, vi è proprio la rinuncia a cercare di modificare i confini esistenti oggi. Alcuni politici di lingua albanese hanno avvertito che se il complicato processo di adesione dovesse fallire allora i popoli albanesi si riunificheranno, ma qui si entra nell’ambito delle pressioni psicologiche e non nella realizzazione concreta di un’unificazione che oggi appare quanto mai ipotetica e difficile da realizzare.