di Yari Lepre Marrani –
Il ReArm Europe, il piano Ue per un rafforzamento strategico e militare della difesa europea, ha varcato la soglia del primo mese: era infatti il 4 marzo 2025 quando la Commissione europea ha reso nota l’iniziativa geostrategica a Bruxelles. Il White Paper, il Libro bianco della Commissione sul piano europeo di riarmo (White Paper for European Defence Readiness 2030), è stato invece pubblicato il 19 marzo scorso, mettendo in luce numerose falle su un progetto di sicuro impatto mediatico e propagandistico per i popoli europei; meno impattante, invece, per colmare quelle che sono e saranno le mancate basi di un’Europa unita politicamente prima che militarmente. Senza l’unità politica dei popoli europei, il grande e ambizioso piano di riarmo a scopo di rafforzamento della difesa europea non potrà che rivelarsi un enorme disordine, una babilonia di armi e munizioni che andrà a danneggiare il debito pubblico dei paesi più economicamente deboli lasciando ai più forti (es. Germania) una supremazia psicologica e politica che si farà sentire quando il piano, lentamente, si realizzerà.
Di fronte all’aperta ostilità politica di Donald Trump, ora materializzatasi anche economicamente attraverso l’assurda e antistorica politica dei dazi, l’Europa si sente più sola di fronte all’ingravescente minaccia di tensioni militari che possano mettere in pericolo le nazioni europee, proprio ora che l’Ucraina e il suo popolo stanno via via soccombendo alla sanguinaria guerra con il nemico russo o meglio, con la belva putiniana. L’Ucraina è sempre più sola contro un nemico che pensa a tutto tranne che ad un immediato cessate il fuoco. Per tutti coloro che, ingenuamente o in aperta malafede intellettuale e morale, credono nella possibile(futura) volontà di pace di Vladimir Putin, occorrerebbe ricordare che proprio cinque giorni fa il Cremlino ha iniziato una nuova, grande chiamata alla leva: 160mila soldati chiamati sotto le armi dal 1 aprile al 15 luglio 2025. Il Moscow Times sostiene che si tratta del numero più alto di soldati chiamati alla leva obbligatoria degli ultimi 14 anni, a confronto ad esempio con i 135.400 del 2022, anno dell’inizio dell’invasione russa. La minaccia scatena la paura, quest’ultima può scatenare la reazione violenta e risolutrice ma c’è l’altro lato della medaglia: quando un popolo o un insieme di popoli sente odore di guerra e di invasioni sul proprio territorio, può reagire anche con decisione frettolose che generano un grande caos, proprio perché figlie di istituzioni che non rappresentano la volontà sovrana dei cittadini. Il piano ReArm Europe può rivelarsi uno di questi casi. La Commissione europea ha lanciato un piano da 800 miliardi per strutturare un radicale rafforzamento della difesa europea, ma la Commissione europea non è un organo rappresentativo della volontà popolare ma un braccio esecutivo politicamente indipendente dell’Ue: non viene eletta dai cittadini europei, e non può di conseguenza appropriarsi la volontà di decisioni ad amplissimo raggio che coinvolgerebbero, direttamente, non i membri della Commissione, ma quei cittadini europei che la stessa Commissione non rappresenta legittimamente. Senza l’unità politica europea, sarà un tremendo esperimento potenzialmente autodistruttivo creare una difesa comune sorretta solo sulla forza delle armi, non sulla volontà popolare. Metaforizzando il famoso adagio di Lincoln, “Governo del popolo, dal popolo, per il popolo”, l’odierna compagine oligarchica che sta portando alla realizzazione del piano ReArm Europe deciso solo dalla Commissione, dovrebbe ripetersi che “I comandanti devono provenire dal popolo, agire per il popolo, essere figli del popolo” e la guerra ha bisogno di comandanti, capi che agiscano sotto il vessillo di unità politiche rappresentative, salde e ferree.
Le ultime settimane hanno riportato alla più sonora ribalta il testo vegeziano sull’arte della guerra, riducendo spesso il suo contenuto alla sola, celeberrima massima secondo cui “Chi aspira alla pace, si prepari alla guerra”: ciò che sta concependo solertemente la Commissione europea. Ma di quel grande testo del penultimo secolo dell’impero romano si dimenticano tante altre massime sublimi che, nel contesto geopolitico attuale, dovrebbero fornire una sia pur labile guida intellettuale per i popoli europei. Nel cap. VI del Libro III (il capitolo più lungo dell’opera, considerato il manuale dell’arte della guerra per i generali), l’autore scrive anche che “Bisogna sempre prestare attenzione a che vengano cercati uomini intelligenti e preparati, di modo che l’errore di uno o tre non metta tutti in pericolo. Talvolta gente ignorante e sprovveduta promette più di quel che può mantenere e crede di conoscere ciò che in realtà ignora”: la saggezza testuale di queste parole è proverbiale se applicata alla sostanza e alle decisioni delle istituzioni europee.
Mobilitare enormi risorse finanziarie, incunearsi economicamente nella vita di singole nazioni rischiando di aumentarne il debito, ragionare dispoticamente senza usare lo strumento principe della ragione, il cervello, non potrà portare a creare una grande macchina da guerra capace di stare in guerra e vincerla, come direbbe l’altro grande teorico militare della storia occidentale, Carl von Clausewitz, capo di stato maggiore prussiano e docente di storia militare presso la Scuola militare di Berlino. E Ursula von der Leyen non è l’Europa, non rappresenta nessuno se non il proprio potere da persona nominata, non eletta.
Gli Stati Uniti d’Europa sono una potenzialità realista e seria che sola potrebbe permettersi di prepararsi a combattere perché prima della forza militare legittima, avrebbe la forza rappresentativa politica. Non sono, come molti stupidamente credono, un miraggio o un inganno partorito da menti fantasiose e illuse.