Il ritorno della Germania nella storia

di Marco Testolin

Zeitenwende, la svolta epocale. È questa la parola chiave evocata dalla politica e dai media tedeschi fin dai primi giorni del conflitto in Ucraina. Un conflitto che, visti anche gli effetti extra bellici che sta avendo, può considerarsi davvero una cesura storica, uno spartiacque tra due epoche ben distinte: il mondo post-Guerra Fredda, di pace e stabilità (almeno per l’Europa) a decisa trazione statunitense, e il futuro che si prospetta, fatto di multipolarismo e rinnovata competizione internazionale. Nel quale la Germania ha intenzione di giocare un ruolo da protagonista.
Olaf Scholz, il cancelliere tedesco, ha scelto la storica e influente rivista americana Foreign Affairs per esporre in prima persona la sua visione del futuro del suo paese, dell’Unione Europea e della NATO. Mettendo in luce grandi novità nella strategia internazionale tedesca, che dalla riunificazione in avanti aveva volontariamente rinunciato ad una postura geopolitica assertiva, “limitandosi” a diventare il motore economico dell’Unione Europea. Primato che ora a Berlino non basta più, se non affiancato anche a quello militare; nelle parole dello stesso Scholz, “la Germania intende diventare il garante della sicurezza europea”.
Avendo sperimentato sulla propria pelle gli effetti della divisione del mondo su base bipolare, la Germania non ha intenzione di restare passiva dinnanzi alla competizione USA-Cina. I 100 miliardi di euro stanziati a inizio marzo per il rinnovamento della Bundeswehr, nonostante le difficoltà d’implementazione, sono stati il primo inequivocabile segnale della volontà della Germania di porsi come leader europeo non solo in ambito economico, ma anche in campo securitario. In attesa della pubblicazione della Strategia di Sicurezza Nazionale, prevista per i prossimi mesi, il cancelliere tedesco elenca con fierezza le recenti iniziative del proprio paese: il potenziamento della presenza militare tedesca nei battlegroups stanziati sul fianco Est dell’Alleanza Atlantica (in Lituania, Slovacchia, Estonia e Polonia), il contributo alla difesa navale del Mar Baltico, e la proposta, accolta da 14 paesi dell’UE, dell’European Sky Shield Initiative, un progetto di difesa dello spazio aereo europeo da implementare con accordi paralleli all’esistente framework della NATO.
Scholz sembra rendersi perfettamente conto del fatto che l’Europa, se non prende atto della svolta storica nel contesto internazionale, corre seri rischi per la propria autonomia strategica futura. “Nessun paese è il cortile di casa di qualcun altro”: tale assunto vale sì per la Cina nel teatro asiatico, ma si può interpretare anche come un sottile monito agli Stati Uniti del fatto che l’Unione Europea, per quanto fedele alleata statunitense, mantiene interessi strategici che possono anche divergere da quelli di Washington. Nel nuovo mondo multipolare, l’Europa, con la Germania saldamente in testa, ha disperato bisogno di “rendersi un soggetto geopolitico”, uscendo dalla mentalità post-storicistica ed economicistica che l’ha caratterizzata da trent’anni a questa parte. Ecco perché, parlando della collaborazione con il resto del mondo, premettendo la maggiore affidabilità dei regimi democratici, è necessario costruire nuove parnerships anche con paesi autocratici, in un’ottima di “pragmatismo” e in assenza di “paraocchi ideologici”, che troppo spesso in passato hanno caratterizzato l’inefficace proiezione internazionale dell’Unione.
La sfida per la Germania è plurima e davvero epocale: un simile attivismo geopolitico e militare segna una rottura drastica dalla postura assunta dal paese dopo la Seconda Guerra Mondiale, e sicuramente dovrà fare i conti con la diffidenza degli alleati (Polonia e Stati Uniti su tutti), e con la coscienza popolare nazionale ancora segnata dai tristemente noti eventi di inizio Novecento. Ma non solo: la Germania deve fare i conti con la perdita di due pilastri che avevano sostenuto il suo impero economico continentale: il gas russo a basso prezzo, e il mercato cinese come sfogo per il proprio surplus commerciale. Il sabotaggio dei due gasdotti NordStream, e la stretta alle esportazioni verso la Repubblica Popolare fortemente voluta dagli Stati Uniti, hanno in pochi mesi messo fine quasi del tutto a decenni di Ostpolitik, portando alla luce la miopia di tante scelte caratterizzanti l’era Merkel.
Un’arena internazionale tanto caotica non permette più ad un gigante economico come la Germania di ignorare le sfide geopolitiche che si accumulano alle sue porte. Complice anche la perdurante crisi di legittimità del collega transalpino Macron, Scholz è intenzionato (per ora a parole, vedremo i fatti) a intestarsi una Zeitewende non solo per il proprio paese, ma per l’Europa intera. Con NATO e Stati Uniti quali imprescindibili punti saldi, ma consapevole che “un partenariato transatlantico equilibrato e resiliente richiede anche che la Germania e l’Europa svolgano un ruolo attivo”.