Il ruolo della Nato oggi e domani. Intervista a Vincenzo Camporini

a cura di Francesco Cirillo –

In occasione della conferenza della NATO Defense College Foundation, “Game Changers In Global Security”, abbiamo intervistato Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa, il quale ci ha parlato delle Forze armate come sistema anche come “struttura solida” in grado di rispondere alle emergenze, come la distribuzione dei vaccini per il coronavirus. Ed ovviamente di Nato…

– Generale Camporini, recentemente si è sentito parlare di “Dottrina Macron”. Cosa c’è di concreto in questa visione francofona riguardante le questioni delle politiche di difesa comunitarie?
Direi che questa è l’interpretazione più ragionevole, non c’è nulla di nuovo. In Francia questo tipo di approccio è stato sempre perseguito con molta coerenza da tutti coloro che sono stati al vertice; possiamo fare il nome di De Gaulle, ma non solo lui. Sarkozy perseguiva la stessa cosa, Macron è in questa linea, lo fa con molta intelligenza perché Macron è persona di grandissimo spessore. La sua intervista è per certi versi mirabile, nel senso che da la visione di un futuro che un vero statista può avere, figura che manca in molti paesi occidentali. Purtroppo è in qualche modo viziata da questo franco-centrismo che per certi versi è anche giustificato; nel senso che in tutta l’Unione Europea oggi non c’è nessun paese che abbia una visione strategica. Tutti quanti si stanno barcamenando per la gestione del contingente, ma non guardano al futuro e a che cosa bisogna fare. É chiaro che la visione di Macron può in qualche modo urtare le suscettibilità degli altri paesi europei che in qualche modo possono avvertire con un certo fastidio questa volontà francese di essere al centro degli sviluppi futuri. É un dato di fatto, io non lo so se questo possa aiutare o ostacolare il processo di integrazione; è chiaro che se la Francia facesse, non dico un atto di umiltà, ma non sbandierasse in questo modo così plateale alcune sue positive caratteristiche, forse sarebbe più facile trovare un compromesso in cui gli interessi di tutti quanti possano essere salvaguardati“.

– Rispetto allo scorso anno, quando Macron definì la Nato “in fase di morte celebrale”, qual’è lo stato di salute dell’Alleanza Atlantica?
Diciamo che l’Alleanza Atlantica ha una struttura molto solida, che si basa sulla sua organizzazione militare. Non dimentichiamoci che stiamo parlando di una struttura militare che nasce all’interno di un trattato di alleanza, quindi non dobbiamo pensare che le due cose coincidano. La NATO è un organizzazione che deriva da un alleanza che è stata sancita da un trattato, il che la rende particolarmente solida anche perché chi né fa parte, bene o male, con qualche macchia, comunque è legato dai famosi valori del rispetto della legge, del sistema democratico, del rispetto dei diritti umani, temi che non sono così scontati. Forse ricorda che, contemporaneamente alla NATO, vennero create altre due organizzazioni similari: La SEATO e la CENTO. Una per la zona mediorientale e una per il sud-est asiatico. Qualcuno si ricorda queste sigle? Sono cadute nel dimenticatoio perché mancava proprio questo collante di una visione comune. Non hanno avuto futuro. Quindi la NATO ha basi solide ed è chiaro che le ultime vicende, il qualche modo, da un lato l’hanno messa un po’ in ombra, ma dall’altro lato secondo me l’hanno messa sull’avviso circa quelli che sono i rischi, è quindi io sono convinto che la NATO sopravviverà bene e sarà un elemento chiave della sicurezza internazionale dei prossimi decenni. Senza la NATO temo che in Europa avremo delle turbolenze che potrebbero anche sfociare in cose molto serie“.

– Ci sta pensando però la Turchia ad alzare la tensione tra i membri dell’Alleanza. Dopo le ultime sanzioni imposte dagli Stati Uniti nei confronti di Ankara, quest’ultima come reagirà con la nuova amministrazione democratica di Joe Biden?
La nuova amministrazione sicuramente farà di tutto per trovare un modo di ricucire questo strappo che c’è stato. É uno strappo molto serio ed è chiaro che in qualche modo è stato facilitato dall’atteggiamento di Trump e dalle sue prese di posizione abbastanza ondivaghe, che in qualche modo hanno creato degli spazi. L’amministrazione Biden, da questo punto di vista, sarà molto più seria, nel senso che avrà un progetto coerente, gestito da personaggi che hanno una grande esperienza internazionale. La squadra di Biden è di altissimo livello dal punto di vista riguardante l’atteggiamento multilaterale e quindi io mi aspetto che ci siano degli sviluppi che in qualche modo possono ricondurre Erdogan a comportamenti più congrui con quelli che sono i nostri principi. Non illudiamoci che questo accada nell’arco di due settimane, non accadrà; però verrà fatto ogni sforzo per garantire la coesione dell’Alleanza, tenendo conto di quella che è l’importanza di un grande paese come la Turchia, grande militarmente e importante dal punto di vista geostrategico, vista anche la sua posizione e vista anche la sua capacità di avviare delle politiche internazionali di grande respiro. Non è un segreto per nessuno ciò che sta accadendo in Libia, in Somalia e quello che è accaduto nella crisi del Nagorno-Karabakh. Nessuno deve sottovalutare la Turchia. Bisogna fare in modo che le sue ambizioni non entrino in urto con le finalità dell’Alleanza. Sarà un bello sforzo, ma io confido che l’Amministrazione Biden sarà all’altezza della situazione“.

– La scelta del governo di affidare alle Forze armate la distribuzione del vaccino è dovuta ai futuri problemi di scontri tra Stato centrale e regioni?
No, io credo che sia stata la presa di coscienza da parte dell’amministrazione centrale del governo che l’Italia dispone di una struttura solida, ben articolata, in grado di gestire le emergenze con efficacia. É chiaro che è una gestione che comunque rimane responsabilità delle autorità civili, ma lo strumento delle forze armate garantisce cose che altre strutture non possono garantire, ed hanno dimostrato di non poter garantire. Il problema del rapporto tra Stato centrale e le regioni è un problema che dovrà essere risolto. Adesso tutti rimpiangono la riforma del Titolo V avvenuta nel 2001, su spinta di chi era allora al potere. Chi adesso si lamenta sono coloro che hanno creato il guaio, ed è un rapporto che dovrà essere ridisegnato, per evitare che ci siano delle sovrapposizioni, che non sono soltanto nella questione della sanità o altre. Abbiamo il problema dei rapporti con i paesi esteri. Ci sono delle regioni che hanno delle piccole ambasciate in giro per il mondo, degli uffici di rappresentanza che hanno in qualche modo eroso quelle che sono le competenze del ministero degli esteri. Se questo è ragionevole mi sembra che siamo entrati nel mondo de “Alice nel Paese delle meraviglie”“.

– In conclusione, come vede i futuri rapporti tra Stati Uniti e Italia con l’amministrazione Biden?
Io credo che la solidità del rapporto tra Italia e Stati Uniti non sia mai stata in discussione, con qualsiasi tipo di amministrazione. Lo stesso Trump ha mostrato simpatia per l’Italia, a modo suo con i suoi toni sgangherati. Biden ha fatto parte come Vicepresidente di una amministrazione che ha avuto un ottimo rapporto con noi, io non credo che vi sarà nessuna sostanziale differenza. L’importanza della nostra posizione geostrategica è ben nota a Washington, probabilmente più di quella di molti altri paesi, quindi da questo punto di vista credo che le cose continueranno sostanzialmente nello stesso modo, con toni che saranno certamente diversi da quelli dell’immediato passato“.

– Ultima domanda inerente alla conferenza della NATO del 10-11 dicembre: Lei ha spiegato che il cambiamento climatico rischia di compromettere la logistica militare, come le due basi militari di Pisa e di Pratica di Mare sono a rischio di inondazione.
Diciamo che l’incremento dei livelli dei mari non è una prospettiva dei prossimi mesi e né dei prossimi immediati anni, però se effettivamente c’è questo incremento di 3/4 gradi nella temperatura media del globo buona parte dei ghiacci si scioglieranno e andranno sicuramente a far risalire il livello del mare. Ora noi abbiamo, e non soltanto noi, una buona parte della popolazione del globo che abita in zone ad una altezza del livello del mare di pochissimi metri. È chiaro che questo creerà dei problemi enormi sia dal punto di vista dei flussi immigratori e per quanto concerne le forze armate, metterà fuori uso tutta una serie di infrastrutture che oggi sono al livello del mare. Nelle basi della marina statunitense già avvertono qualche difficoltà, legato a questo incremento di pochi centimetri del livello del mare. Ho letto delle preoccupazioni per Norfolk, Virginia, o per altre basi importanti per la marina americana. Lo stesso accade da noi. É chiaro che ci sarà tutto il tempo che vogliamo per le misure di redistribuzione e rilocazione, ma sarà un bel problema da affrontare, perché è chiaro che non si potranno creare delle dighe, o dei sistemi tipo Mose, per tutto il paese“.