Il Trattato di Aquisgrana, i sovranisti e l’anatra zoppa

di Dario Rivolta * –

Il 22 gennaio scorso ad Aachen (in francese: Aix-La-Chapelle, in italiano: Aquisgrana), Francia e Germania hanno firmato un Trattato bilaterale che ufficialmente rinnova il Trattato dell’Eliseo firmato nel 1963 tra De Gaulle e Adenauer. All’epoca quell’accordo rispondeva alla volontà di De Gaulle di rilanciare il processo di unificazione europea in chiave inter-statale, creando contemporaneamente un clima tra i due Paesi che doveva servire a evitare per sempre le possibilità di una guerra. Prevedeva lo sviluppo di relazioni culturali, l’insegnamento delle reciproche lingue, sistematiche consultazioni bilaterali e la possibilità che dirigenti pubblici francesi lavorassero per un certo periodo negli uffici pubblici tedeschi e viceversa. L’intesa raggiunta non ebbe nei fatti un grande seguito ma non fu mai sconfessata.
Ora, con questa nuova firma si fa molto di più: Berlino e Parigi han deciso di approfondire la loro cooperazione in politica estera, nella difesa, nella sicurezza interna ed esterna e si adopereranno per rafforzare una possibilità europea di azione militare autonoma (quindi indipendente dalla NATO… i germogli di un esercito europeo?) procederanno insieme nel settore dell’istruzione e in quello dell’economia e s’impegnano a consultarsi regolarmente prima di ogni summit europeo. In aggiunta, una priorità comune della diplomazia franco-tedesca sarà l’ammissione della Repubblica Federale di Germania a membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Alla notizia dell’accordo “sovranisti” di vario genere, di destra e di sinistra, sono insorti dichiarando che così si decretava la fine dell’Unione Europea (ma non era quello che chiedevano?). Hanno urlato o scritto da tutte le parti che si tratta di un insulto agli altri “500 milioni di cittadini europei tenuti fuori dalla porta”. Hanno accusato i due di voler imporre la propria agenda all’Europa. Qualche italiano ha immediatamente rilevato che l’accordo nel campo della difesa significa la volontà di coordinare la vendita delle armi da loro prodotte, tagliando fuori le nostre industrie. Un’agenzia di stampa americana, alludendo alle difficoltà che sia il presidente francese Emmanuel Macron sia la cancelliera tedesca Angela Merkel stanno incontrando nei loro rispettivi Paesi, scrive di una “tentata fuga in avanti di due anatre zoppe”.
In altre parole Aquisgrana è stata vista dai più come un fatto gravissimo e molto negativo per tutti gli altri Paesi europei, condannati così a diventare semplici vassalli dei due.
Tuttavia, supposto (e con la speranza) che alle parole seguano i fatti, ciò che è accaduto è esattamente quello che tanti sinceri europeisti hanno sperato potesse succedere su una scala più ampia. Con il coinvolgimento cioè di tutti quei Paesi europei che ancora hanno un governo che sappia guardare lontano e capisca che chi è “zoppo” in questo momento non sono i tedeschi e i francesi, bensì l’attuale l’Unione Europea.
Certamente da italiano mi sarebbe piaciuto che non si trattasse soltanto di un accordo a due ma che a sottoscriverlo potessimo essere in sei, sette, magari dieci. Purtroppo, e non per la cattiveria dei due firmatari, questo era ed è impossibile: governi imbelli, corto-vedenti e accecati da uno stupito nazionalismo di dimensioni meschine hanno portato questa Europa a diventare una scatola piena soltanto di burocrazia ottusa, senza solidarietà e destinata nel migliore dei casi a essere una semplice area di libero scambio o nel peggiore, nemmeno quello. Esattamente il disegno da sempre coltivato dai britannici, dagli americani e dai loro nuovi servitori europei: i polacchi.
Non sono certo cieco al fatto che sia la Francia di Macron che la Germania della Merkel siano corresponsabili in questo malaugurato andazzo dell’Unione. Quanto è successo con la Grecia, ad esempio, lo dimostra, così come le mene anti-italiane di Parigi che abbiamo visto all’opera in Libia e altrove.
Tuttavia chi condivide il progetto di un’Europa sulla strada di un’unione federale, o almeno confederale, sa che l’indirizzo preso ad Aquisgrana è attualmente l’unica possibilità concreta verso quell’obiettivo. E’ evidente che un’Europa a 28 (e nemmeno a 27) non riuscirà mai a fare un salto di qualità verso quella direzione. Anche l’idea di un’Europa con velocità variabili ha dimostrato con l’euro di non riuscire ad andare fino in fondo. La debolezza della moneta unica sta proprio nel fatto che non è stata anticipata, né seguita, da reali integrazioni economiche e finanziarie. Schengen sta fallendo e la Commissione è sempre più depotenziata.
Può darsi che il trattato di Aquisgrana finisca in una bolla di sapone e che possa essere addirittura cancellato in caso di cambiamenti negli equilibri politici interni dei due Paesi. Il mio augurio è che ciò non succeda. A volte, per fare passi in avanti occorrono decisioni importanti prese da pochi coraggiosi che anticipino i tempi. Se Macron riuscirà a sopravvivere alla sua presente impopolarità e riprenderà in mano i contenuti del suo discorso fatto alla Sorbona poco dopo la sua elezione, potremo forse contare su di lui affinché la firma apposta in quella piccola cittadina della Renania non sia la volontà di nuovo direttorio, ma un benefico shock, utile anche per altri. Naturalmente, è necessario che Aquisgrana sia stata concepita come un’avanguardia aperta a un allargamento ad altri Paesi di buona volontà. Nei tempi e nei modi che saranno resi possibili dalle cose della politica, spero che tra quelli ci possa proprio essere anche l’Italia.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.