India. Guerriglieri maoisti sostengono i lavoratori delle piantagioni di tè in Kerala

di Gianni Sartori

L’8 febbraio la stampa indiana riportava la notizia di un raduno, a quanto pare assai numeroso, tra esponenti dell’Esercito guerrigliero popolare di liberazione e i lavoratori delle piantagioni di té del Kerala, in gran parte rifugiati provenienti dallo Sri Lanka.
La folta assemblea nasceva per organizzare la lotta contro le discriminazioni di quello che è stato definito il “fascismo braminico” e che vorrebbe negare la nazionalità a questi esuli. In particolare i guerriglieri maoisti hanno suggerito ai braccianti di non aver paura di affrontare, anche fisicamente, i funzionari incaricati di raccogliere informazioni sui lavoratori per conto del Registro Nazionale di Cittadinanza (NRC). Hanno poi i braccianti e le altre persone presenti al raduno a esprimere la loro solidarietà nei confronti delle proteste messe in campo da varie organizzazioni contro la NCR e contro la Legge di Cittadinanza (CAA), ed hanno dichiarato che bloccheranno il tentativo del governo Modi di allontanare i lavoratori da quella zona (ufficialmente “per favorire il turismo”).
Quasi una nemesi vien da dire ripensando a quando nell’Ottocento gli inglesi deportarono circa mezzo milione di tamil dall’India meridionale a Ceylon (oggi Sri Lanka) allo scopo di impiegarli, sfruttarli sarebbe più corretto, proprio nelle piantagioni di té. Divenuti minoranza oppressa e privati di molti diritti, negli anni Settanta i tamil iniziarono a ribellarsi. Prima pacificamente, anche con scioperi della fame, poi con la lotta armata delle “Tigri per la liberazione della patria Tamil” (LTTE), per rivendicare una nazione indipendente nel nord-est dell’isola. Con gravi derive terroristiche e violazioni dei diritti umani tra cui vedi l’arruolamento di minori.
Sconfitta militarmente, la rivolta dei tamil si concluse tragicamente un decennio fa quando nei loro confronti il governo operò con una vera e propria pulizia etnica.