Iran. Eseguita la condanna a morte di un tedesco-iraniano

di Giuseppe Gagliano

Esecuzione in Iran di Jamshid Sharmahd, cittadino tedesco-iraniano accusato di terrorismo e condannato a morte, pena che ha sollevato una forte reazione politica internazionale, in particolare da parte della Germania, che ha protestato energicamente contro Teheran. Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha descritto il regime iraniano come un’entità che utilizza la pena di morte contro cittadini stranieri e oppositori interni, esprimendo indignazione e riservandosi il diritto di adottare ulteriori misure.
La vicenda di Sharmahd, rapito dalle forze di sicurezza iraniane a Dubai nel 2020, si inserisce in un contesto di tensioni già crescenti tra Iran e Germania, come dimostrato dall’espulsione reciproca di diplomatici avvenuta lo scorso febbraio. L’Iran ha giustificato la condanna sostenendo che Sharmahd sia stato coinvolto in un attentato del 2008 contro una moschea che causò numerose vittime, mentre la famiglia e le organizzazioni per i diritti umani hanno contestato la legittimità del processo definendolo una farsa.
Politicamente questo evento evidenzia la strategia iraniana di esercitare pressione attraverso la detenzione e, talvolta, l’esecuzione di cittadini con doppia cittadinanza, una pratica che suscita preoccupazioni a livello internazionale. La Germania ha richiamato il proprio ambasciatore per consultazioni e convocato l’incaricato d’affari iraniano per esprimere il proprio dissenso, un gesto diplomatico che sottolinea il deterioramento dei rapporti tra i due Paesi.
La questione coinvolge anche altre nazioni occidentali, preoccupate per i propri cittadini con doppia cittadinanza e per il rischio che l’Iran possa ripetere questo approccio in futuro. In un momento in cui i diritti umani sono sempre più al centro del dibattito internazionale, la vicenda di Sharmahd rappresenta una sfida per l’Europa e per la Germania, che si trova nella difficile posizione di dover rispondere in modo efficace a un’esecuzione che molti considerano una violazione dei principi umanitari fondamentali.