Iran. 250 morti per la protesta dei carburanti. Ne parliamo con Ehsan Soltani, analista di crisi

di Enrico Oliari

Sono state in qualche modo sedate le proteste in Iran per il caro vita, la corruzione e il drastico aumento dei carburanti, una situazione esasperatasi a seguito delle sanzioni introdotte dall’amministrazione Trump, con tanto di diktat ai paesi alleati di fare altrettanto. Il prezzo pagato dal popolo è di centinaia di morti e di migliaia di arresti, ma quello che ne resta sono le ceneri di una Repubblica Islamica schiacciata dalle molte contraddizioni, a cominciare da un apparato politico-amministrativo astruso, e comunque staccato dalla realtà popolare.
Notizie Geopolitiche ne ha parlato con Ehsan Soltani, apprezzato analista ed oppositore politico:

– Ci può spiegare in due parole da dove ha preso inizio la crisi?
Il fuoco alle polveri lo ha dato l’improvviso aumento del prezzo dei carburanti, triplicato in una sola notte. Dell’aumento il popolo non sapeva nulla, non era stato informato, non ne avevano parlato i media, non c’era stata alcuna discussione in Parlamento. A seguito delle sanzioni la Guida suprema, Ali Khamenei, ha dato vita ad un comitato “di guerra economica”, lo hanno chiamato così, composto da lui, dal presidente della magistratura e dal presidente del Parlamento: la cosa è stata decisa esattamente alla mezzanotte di un giovedì perché il venerdì è festivo, ed il paese si è trovato spiazzato, con i prezzi triplicati dall’oggi al domani”.

– Ma nessuno è intervenuto: il Parlamento?
”Ha preso il via una protesta pacifica in tutto il paese, le auto si sono fermate, nel Kurdistan la gente si è seduta in mezzo alle strade, ed una settantina di deputati hanno presentato interpellanze urgenti con al richiesta di ritornare ai prezzi calmierati dai sussidi statali, com’era prima.Tuttavia la Guida suprema ha dichiarato incompetente sulla questione il Parlamento in quanto il provvedimento era stato preso con urgenza”.

– Perché la decisione di togliere i sussidi al prezzo dei carburanti?
”In realtà la cosa ha una sua logica. Neppure in Italia, che a differenza dell’Iran non è un paese produttore di petrolio, il 70 per cento del prezzo del carburanti alla pompa è pagato dallo Stato, pensi in un momento di crisi economica e di sanzioni… il problema è stato un altro, cioè il modo repentino con cui è stata fatta l’abolizione dei sussidi, cosa che ha portato al caos. Le autorità dicevano al popolo di rivolgersi al Parlamento, ma questo era bloccato dalla Guida suprema, i poliziotti passavano tra le auto ferme sfondando i finestrini, i manifestanti incendiavano negozi e basce, almeno 80, la repressione è stata violenta. Ben presto vi sono stati scontri con numerose vittime, si parla di 250 anche se ufficialmente 148, e migliaia di arresti, almeno 7mila. I Pasdaran, hanno detto di aver sedato le proteste in 48 ore, ma quello era il popolo, non una guerra”.

– E’ stato sospeso anche internet…
“Iran, Cina e Corea del Nord hanno attuato una piattaforma internet alternativa, che in casi di rivolte interne o emergenze statali permette il funzionamento dei sistemi, dalle banche ai media alle polizie ecc, scollegandosi quindi dalla rete internazionale. Il popolo è quindi rimasto senza internet mentre gli apparati statali e militari erano collegati alla piattaforma alternativa, ma la cosa preoccupante è che si parla di rendere la cosa definitiva. In una settimana sono così riusciti a sedare le rivolte, ma di certo non hanno risolto i problemi: è stata una protesta diffusa e spontanea fatta da gente affamata. In Iran la rabbia è molta, ed io uso l’immagine dell’onda del mare, che va e viene, fino a quando arriva l’onda grossa”.

– Forse “affamato” è un termine eccessivo…
”Guardi, l’anno scorso il budget proveniente dal petrolio era il 25% del Pil, oggi è il 10%, cosa che si è riversata come un macigno sull’economia della nazione. La partecipazione a crisi come quella siriana e yemenita hanno comportato costi ingenti, qualcuno li deve pagare: tutto è aumentato, i prezzi sono saliti alle stelle… a Teheran, città che con l’hinterland conta 12 milioni di abitanti, i mezzi pubblici ci sono, ma già alle periferie e nelle altre città sono inesistenti, per cui la gente è costretta a prendere l’auto per andare a lavorare… in pratica con la paga non si arriva alla fine del mese, anche se si fanno molte rinunce”.

– Le autorità non hanno mostrato ripensamenti?
”I tre del “comitato per la guerra economica” hanno rigettato pubblicamente ogni responsabilità, ma la verità è che hanno preso una decisione senza passare dalla gradualità, ad esempio mettendo i mezzi pubblici dove servono, invece di strozzare la classe medio-bassa. Ma un errore lo hanno fatto anche le opposizioni, costantemente al sicuro all’estero: soffiavano sul fuoco, ma non capivano che se uno dà fuoco a una banca, dà anche la possibilità alla repressione di avere una sua giustificazione”.