Iran, altro giro di vite sulla libertà. Galera e frustate per gli “Amici della Penna”

di Enrico Oliari –

L’embargo a cui è sottoposto l’Iran da parte della comunità internazionale per fermarne la corsa al nucleare sta gradualmente distruggendo la moneta del paese, il Rial, ed a poco vale il commercio di petrolio che comunque Teheran riesce a mantenere con il Giappone, la Cina e la Corea del Sud: il Rial ha avuto in un anno una svalutazione rispetto a euro e dollaro, sul mercato libero, del 140%, con la salita del paniere alle stelle (la carne di pollo, alla base della dieta iraniana, 160% di aumento) e lunghe code davanti ai negozi per acquistare i generi alimentari.
Effetto collaterale, certamente voluto, delle restrizioni è il vertiginoso aumento del malcontento popolare, il quale spesso sfocia in espressioni che il regime di Khamanei – Ahmadinejad reprime con durezza: la possibilità di esprimere liberamente la propria opinione, così come noi siamo abituati al punto di non accorgercene, è un valore che non rappresenta un minimo comune denominatore di tutte le nazioni della Terra, ed anzi, sono ancora molti i paesi dove la libertà di pensiero e di espressione resta un’utopia.
Proprio in questi giorni Seyyed Mohammad Hassan Taheri, figlio dell’ayatollah dissidente Jalal-e Din Taheri, è  stato condannato a quattro anni di carcere e 74 frustate dal Tribunale della Rivoluzione di Teheran “per aver – come ha riferito il sito riformista ‘Kaleme’ – attentato alla sicurezza nazionale, svolgendo attività antigovernativa e per aver firmato una petizione contro la Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei”; non è stato però raccolto dalla stampa italiana ed internazionale l’arresto di una settantina di aderenti al semi-clandestino Partito liberale di Teheran, i quali si erano dati appuntamento per discutere di politica e più propriamente per organizzare una manifestazione in vista del 33esimo anniversario della Crisi degli ostaggi (in cui gli studenti islamici rapirono per oltre due mesi 52 membri dell’ambasciata statunitense a Teheran): gli agenti dei servizi segreti hanno fatto irruzione nel locale, distruggendo finestre e seminando il panico.
Il gruppo, guidato da Mehdi Khazali, figlio dell’ayatollah Khazali (membro dell’importante Assemblea di Esperti dell’Orientamento) e presidente del Fronte della Libertà, e Ghasem Sholeh-Saadi, già deputato e ordinario di Diritto presso l’Università di Teheran, si chiamava “Amici della penna” (inteso come scrittori) e di certo non contemplava la violenza fra i suoi strumenti di lotta.
Ne abbiamo parlato con Ehsan Soltani, iraniano e membro dell’opposizione internazionale al regime degli ayatollah, il quale conosce personalmente alcuni dei fermati ed ha seguito le fasi della retata in tempo reale: “l’azione degli dei Servizi segreti è stata fulminea – ha spiegato – anche perché da tempo seguivano le mosse dei cosiddetti ‘Amici della penna’. Di certo non deve essere stato un lavoro difficile, poiché, peccando forse di ingenuità o eccedendo di coraggio, alcuni di loro avevano postato su Facebook le foto degli incontri”.
– Si è trattato di una vera e propria retata: sembra incredibile che nel 2012 possano avvenire ancora cose di questo genere…
“L’Iran è una dittatura teocratica, non è un mistero: lì non è possibile dire quello che si pensa, specialmente se è contro i precetti religiosi o di critica al sistema politico dello Stato. Comunque una cinquantina degli arrestati, una volta identificati, sono stati liberati già il giorno dopo. In carcere sono rimaste una ventina di persone, fra le quali Mehdi Khazali, il quale ha fatto sapere di voler iniziare lo sciopero della fame come forma di protesta per quanto accaduto. Di poco, poiché in ritardo, si è mancato l’arresto anche di Ebrahim Asgharzadeh, un ex studente che aveva preso parte nel 1979 all’assalto dell’ambasciata statunitense, ora orientato verso idee riformiste”.