Iran. Attacco “soffice” di Israele: flessione del presso del petrolio

di Giuseppe Gagliano –

L’andamento dei prezzi del petrolio ha subito un’improvvisa flessione, con una perdita di oltre il 5%, portando il prezzo del Brent sotto i 73 dollari al barile e il WTI a 68 dollari. Questa dinamica si colloca all’indomani dell’attacco limitato di Israele contro l’Iran, che ha evitato di colpire direttamente gli impianti petroliferi iraniani, confermando una precisa strategia volta a mantenere circoscritto il conflitto, senza rischiare di innescare un’escalation militare di vasta portata nella regione.
La decisione di Israele di evitare i centri strategici energetici dell’Iran indica una mossa calibrata e probabilmente influenzata da pressioni internazionali, mirata a contenere il conflitto entro certi limiti. La regione del Medio Oriente, già estremamente instabile, vive sotto la costante minaccia di espansione delle ostilità tra Israele e Iran, attori geopolitici cruciali con alleanze strategiche di lungo corso e una reciproca ostilità che influenza profondamente l’equilibrio regionale. Nonostante l’attacco missilistico iraniano contro Israele del 1° ottobre abbia rappresentato una provocazione significativa, Israele ha risposto con azioni mirate, che sembrano aver avuto l’obiettivo di trasmettere un chiaro messaggio di forza e deterrenza senza oltrepassare la soglia critica che porterebbe ad un conflitto esteso. Questo approccio sembra in linea con un’intesa non ufficiale e tacita tra le potenze per evitare di compromettere la stabilità dei mercati petroliferi e scongiurare ripercussioni globali significative.
Dal punto di vista economico la reazione dei mercati petroliferi è stata immediata e decisa. I prezzi del Brent, che dopo l’attacco iraniano avevano toccato gli 80 dollari al barile, sono rapidamente scesi una volta che è apparso chiaro che Israele non avrebbe preso di mira gli impianti energetici iraniani, considerati vitali per la fornitura globale di greggio. Gli operatori di mercato e gli investitori hanno interpretato la scelta israeliana come un segnale di stabilizzazione, che riduce i rischi immediati di un’interruzione nelle forniture energetiche. Questo scenario di relativa calma ha quindi portato a una contrazione nei prezzi del greggio, mentre le previsioni di stabilità e l’assenza di gravi disordini produttivi incoraggiano una diminuzione del prezzo del petrolio.
In un contesto internazionale che si confronta già con inflazione elevata e incertezze sui costi energetici, la discesa dei prezzi del petrolio rappresenta un sollievo temporaneo per le economie occidentali. Tuttavia, l’elevata volatilità delle quotazioni riflette l’incertezza di fondo nei mercati energetici, dovuta alla fragilità delle relazioni in Medio Oriente e alla potenziale imprevedibilità delle politiche estere dell’Iran e di Israele. Ogni futura azione militare tra i due Paesi, soprattutto se coinvolgerà le infrastrutture petrolifere, potrebbe condurre a nuovi shock di prezzo, con effetti a catena su scala globale.