di Giuseppe Gagliano –
Il governo iraniano ha deciso di avviare l’esportazione di petrolio dal terminale di Jask, al di fuori del Golfo Persico, fatto che rappresenta un significativo sviluppo strategico sia dal punto di vista politico che economico. L’operazione, resa possibile grazie al completamento di un’infrastruttura da 2 miliardi di dollari, segna un passo importante per Teheran nel tentativo di svincolarsi dalla dipendenza strategica dallo Stretto di Hormuz, una delle rotte marittime più militarizzate e sensibili al mondo.
Questo nuovo terminal nel Golfo di Oman consente all’Iran di aggirare potenziali blocchi navali imposti dagli Stati Uniti e dai loro alleati in caso di escalation militare nella regione. Da anni le sanzioni internazionali, in particolare quelle statunitensi, hanno limitato le capacità di esportazione dell’Iran, incidendo pesantemente sull’economia del paese che è fortemente dipendente dalle entrate petrolifere. La scelta di diversificare i punti di esportazione rappresenta dunque un tentativo di ridurre il rischio geopolitico e garantire una maggiore continuità nei flussi di esportazione.
Dal punto di vista economico l’attivazione di Jask non solo permette all’Iran di aumentare le esportazioni, ma anche di ottenere maggiore leva nei mercati energetici internazionali, in un contesto globale caratterizzato da incertezze legate alle tensioni tra Israele e Hamas, oltre che alla guerra in Ucraina che continua a influenzare i prezzi globali delle materie prime. L’operazione ha un impatto potenzialmente rilevante anche nelle relazioni tra Teheran e Pechino, con la Cina che rimane uno dei principali acquirenti di petrolio iraniano nonostante le pressioni statunitensi. La petroliera Dune, che ha recentemente trasportato un carico verso la Cina, dimostra come Teheran stia consolidando i legami energetici con i partner asiatici, rafforzando una partnership strategica che potrebbe contrastare l’isolamento economico imposto dall’occidente.
Tuttavia il progetto Jask ha affrontato numerose difficoltà tecniche e politiche, tra cui sabotaggi e furti di greggio, dimostrando come l’Iran continui a lottare contro sfide interne ed esterne per assicurare la propria resilienza economica. In sintesi, l’apertura di Jask non è solo un traguardo infrastrutturale ma rappresenta un atto di sfida contro le politiche di contenimento imposte dagli Stati Uniti, conferendo all’Iran una maggiore capacità di manovra sul piano economico e diplomatico in un momento di grande turbolenza per i mercati energetici globali.