Iran. Continua la repressione. Imbarazza il silenzio del Vaticano

di Shorsh Surme –

Al suo ritorno nel 1979, l’ayatollah Ali Khomeini pronunciò come prima parola “Azadi”, che significa libertà. Un concetto che non durò molto, e da lì a poco iniziarono le repressioni e i massacri, come nel caso dei curdi.
Lo stesso Khomeini dal suo esilio in Francia promise ai curdi che, una volta tornato in Iran, avrebbe concesso l’autonomia alla popolazione curda, ma non appena rientrato in patria nel 1979 cominciò a impiccare i giovani curdi nelle pubbliche piazze, colpevoli soltanto di essere curdi. E affermò, “Uccidere un curdo non è peccaminoso”.
Le prime vittime da parte dei servizi segreti di ayatollah sono state Abdurrahman Qasmlu, segretario del partito democratico del Kurdistan dell’Iran, e il suo successore Sharif Kandi.
Ancora oggi i riformisti iraniani sono esclusi dalla vita politica. Ma questa volta potrebbe essere diverso al passato, per due motivi.
Il primo vede la disastrosa situazione economica che sta attraversando il paese. Il Rial, la moneta iraniana, sta subendo una forte svalutazione: nel 2021 aveva perso l’80% del suo valore rispetto al dollaro, e questo implica l’aumento dei prezzi.
Nel secondo caso appare evidente la divergenza interna tra gli ayatollah, basti vedere la questione nucleare Iraniana: nel febbraio scorso il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian aveva dichiarato la volontà di Teheran di rispondere positivamente alla comunità internazionale e in particolare i Paesi 5+1 per una soluzione al problema. Ma subito è arrivata una secca smentita da parte della Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei che, appellandosi al senso di orgoglio nazionale, ha sottolineato come un cedimento alle condizioni imposte da attori esterni sia un atto di sottomissione.
In questo quadro continuano le proteste in tutto il paese, come pure la violenta repressione da parte delle forze del regime, costata ad oggi centinaia di morti. Ma a lasciare perplessi è l’imbarazzante silenzio della Santa Sede: mentre tutte le cancellerie occidentali protestano per le vittime del regime iraniano, da Papa Francesco escono parole di coraggio solo per l’Ucraina.
Oggi l’Onu ha espulso l’Iran dalla Commissione sulla condizione delle donne sia per la morte di Mahsa Amini che per la feroce repressione delle proteste. Ad opporsi all’espulsione dall’organo finalizzato alla promozione della parità tra i generi e l’emancipazione delle donne sono state Russia e Cina, che contano di fare un fronte comune contro l’occidente. Ma dal Vaticano ancora nessun segnale…