Iran. Elezioni legislative: Il Majles misura il consenso del regime degli ayatollah

di Alberto Galvi

In Iran si sta concludendo la campagna elettorale verso le prossime elezioni legislative del 21 febbraio. In caso di seggi vacanti ancora da ripartire, un secondo turno potrebbe svolgersi al 20 aprile o al 20 maggio 2020. L’attuale parlamento (Majles) è composto da 290 membri con il compito di emanare le leggi. Il Consiglio dei Guardiani della rivoluzione può però rigettarle.
Nella scorsa legislatura il primo turno delle elezioni legislative si era svolto il 26 febbraio 2016, mentre il secondo turno per eleggere i rimanenti 68 parlamentari si è svolto il 29 aprile 2016. L’attuale Majles è suddiviso tra 100 deputati riformisti e moderati, mentre il resto dei deputati è diviso tra indipendenti e conservatori.
Il Consiglio dei Guardiani della rivoluzione ha controllato i candidati che si sono presentati alle elezioni e ne ha vietato la partecipazione a più di 9mila candidati dei 16mila che si sono presentati, facendone rimanere candidati circa 7 mila alle prossime elezioni.
Per capire l’importanza di questa tornata elettorale è necessario spiegare il funzionamento delle principali cariche istituzionali del paese, in quanto un’alta affluenza alle urne sarà vista come un voto di fiducia al regime iraniano.
Il Consiglio dei Guardiani della rivoluzione interpreta la Costituzione ed è composto da 12 membri tra giuristi e studiosi islamici, di cui 6 religiosi che sono scelti dalla Guida Suprema, mentre gli altri 6 sono eletti dal Majles. I 12 membri restano in carica per 6 anni e sono rinnovati, per la metà, ogni 3 anni e possono essere rieletti senza nessun limite di volte.
Le principali cariche istituzionali della Repubblica islamica dell’Iran sono: la Guida Suprema che viene nominato a vita dall’Assemblea degli Esperti, quello attuale in Iran è Ali Hoseini Khamanei che presiede questa carica dal 4 giugno del 1989. Il capo del governo è il presidente Hasan Fereidun Rohani, che è stato eletto direttamente con il voto popolare a maggioranza assoluta per un mandato di 4 anni che scadrà nel 2021.
Le elezioni parlamentari del 21 febbraio arrivano nel bel mezzo delle tensioni tra Teheran e Washington. Le elezioni sono state a lungo utilizzate dalla leadership iraniana come strumento per costringere l’élite del paese a dimostrare la sua lealtà al regime dandogli l’illusione del sostegno della popolazione mediante la legittimità democratica.
All’interno del Majles i moderati e i riformisti hanno sostenuto un miglioramento nei rapporti con i paesi occidentali e hanno ampliato le libertà sociali nei confronti della popolazione. Questa apertura ha subito un grave arresto dopo l’elezione negli Stati Uniti di Donald Trump, che ha fatto uscire Washington dall’accordo sul nucleare iraniano. Questo cambio di rotta rischia di dare maggiore consenso alla parte più integralista e conservatrice del Majles.
Per questa ragione l’appuntamento elettorale del 21 febbraio prossimo diventa importante. Il regime degli ayatollah è fortemente bersagliato all’interno del mondo islamico dalla Arabia Saudita e dagli altri paesi del Golfo, mentre al suo esterno è bersagliato da Israele e dagli Stati Uniti e con un rapporto a fasi alterne con i paesi dell’Unione europea a seconda della convenienza economica.
Il nuovo parlamento è probabile che avrà un aspetto diverso rispetto a quello attuale in quanto molti esponenti politici hanno deciso di non ricandidarsi come i conservatori Ali Larijani e Gholam Ali Haddad Adel. Anche tra i principali esponenti dei riformisti c’è chi non si candida come Mohammad Reza Aref e Parvaneh Salahshouri ed esponenti dei Hardliner come Saeed Jalili.
Alcuni degli attuali deputati del Majles non sono stati neppure ammessi alle candidature come Ali Motahari, Kambiz Mehdizadeh, Shahindokht Molaverdi, Mahmoud Sadeghi, Mohammad Reza Tabesh, Elias Hazrati e Behrouz Nemati.
I principali esponenti delle forze politiche che si presenteranno in questa tornata elettorale sono: i conservatori come Mohammad Bagher Ghalibaf, Mostafa Mir Salim, i riformisti come Masoud Pezeshkian e Majid Ansari. Le altre forze politiche sono quelle dei centristi-riformisti dell’ex presidente Mohammad Khatami e dei Hardliner come l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad.
In questa campagna elettorale le 4 principali forze politiche si misureranno sui principali temi che dividono l’opinione pubblica come la contrapposizione che il regime degli Ayatollah ha con la comunità internazionale proprio sulla questione del nucleare e anche sui temi che riguardano le libertà civili.
Per il regime iraniano la repressione esercitata nelle scorse settimane nei confronti dei partecipanti alle proteste dopo l’ammissione di aver abbattuto per errore un aereo passeggeri ucraino è diventata controproducente.
Inoltre le manifestazioni che sono avvenute tra dicembre 2017 e gennaio 2020 e represse anch’esse duramente, sono state percepite dal governo iraniano come una sfida nei suoi confronti da parte di sobillatori stranieri. Il rischio per Teheran è ora di ottenere l’effetto contrario, con una scarsa affluenza alle urne da parte della popolazione, delegittimando di fatto se stessi.