Iran. Intervista al giornalista e regista Mohammad Nourizad

di Enrico Oliari ed Ehsan Soltani –

La situazione in Iran ed in base agli ultimi sviluppi nel Medio Oriente vista con gli occhi di un oppositore d’eccellenza: intervista a Mohammad Nourizad, in passato giornalista del quotidiano ultraconservatore e vicino alla Guida spirituale ‘Keyhan’, regista e drammaturgo.
– Fino a quando ci sono state le proteste post elettorali del 2009-2010, Lei era considerato un fedelissimo di Khamenei, ma da allora ha iniziato a scrivere lettere aperte contro il regime; in seguito è stato arrestato, ma poi ha scritto altre 26 lettere di contestazione alla Guida suprema: perché è intervenuto più volte, sapendo che Khamanei non risponde alle provocazioni di una lettera aperta?
Dopo la Rivoluzione, noi iraniani abbiamo accettato alcuni limiti, linee rosse invalicabili, molte delle quali si devono proprio a Khamenei; colui che pone questi limiti, si carica della responsabilità davanti al popolo per averli stabiliti, ma i capi religiosi non hanno mai accettato di rispondere di ciò. Una di queste linee rosse proibiva di chiedere conto delle decisioni alla Guida spirituale, per cui non potevano avere chiarimenti ne’ il potere giudiziario, ne’ le Forze militari, ne’ i media, come neppure i vari ministri: ciò valeva anche per scegliere, ad esempio, con quali paesi avere relazioni o meno, o ancora la linea da tenere in materia di nucleare.
Nel periodo in cui sono stato al fianco di Khamenei, fino quindi al 2009, io mi sono reso portatore di quattro condizioni: ignoranza, avidità, paura e speranza di raggiungere gli obiettivi della Rivoluzione. L’ignoranza sta nel fatto che io non sapevo cosa stesse succedendo oltre ‘la tenda’, non conoscevo le mani sanguinose che guidano il nostro paese; per quanto riguarda l’avidità, vi era il buon stipendio come direttore della produzione cinematografica della propaganda; la paura era dovuta al sospetto, alle intelligence sia dei pasdaran che del ministro dei Servizi segreti, cosa che provocava in me inquietudine, poiché gli agenti sarebbero potuti arrivare in un qualsiasi momento della notte e distruggere la mia famiglia; speravo poi nella realizzazione degli obiettivi della Rivoluzione, molto alti sotto il profilo umanitario. Nel 2009 c’è stato un atto forte contro i candidati alla carica presidenziale, per cui la mia speranza di una riforma dell’autorità si è trasformata in una delusione, motivo per cui non ho più fatto caso all’avidità o avuto paura dei Servizi segreti. Sapevo che le mie lettere non avrebbero avuto risposta, poiché anche una minima attenzione avrebbe significato un segnale per il popolo, a cui in realtà erano indirizzati i miei scritti”.
– In quest’ultimo periodo è peggiorata la spaccatura fra Ahmadinejad ed Alì Khamenei… Lei pensa che Ahmadinejad abbia in mano documenti o prove contro Khamenei? Come pensa possa evolversi la spaccatura fra i due?
Ahmadinejad è espressione dell’ignoranza popolare, con tanto di approvazione da parte di Khamenei: il presidente dell’Iran appare spesso come una persona inattendibile, incontrollabile e dal futuro imprevedibile: solo una persona come lui poteva suscitare l’interesse della Guida suprema e mettere le sue radici ingannando sia lui che i suoi alleati, come i vertici dei Servizi segreti ed i capi religiosi. Ahmadinejad non ha bisogno di rivelare segreti: apre bocca e dice di aver avuto ordini da parte di Khamenei o di suo figlio, e tanto basta per tenere in pugno la situazione; oggi sa tante cose di cui non diveva venire a ciniscenza, per cui i due sono obbligati a tollerarsi ed a proteggersi a vicenda fino alla fine del mandato politico naturale, dopodiché si aprono diversi scenari, fra i quali l’eliminazione fisica di Ahmadinejad, facendo passare l’omicidio come un incidente”.
– Mancano pochi mesi alle elezioni, ma qualcuno pensa che vi sarà un sistema ‘Putin – Medvedev’ fra Ahmadinejad e Esfandiar Rahim Mashaei, già capo del suo staff: dall’altro lato i pasdaran stanno preparando i loro candidati: come sarà la battaglia per le elezioni?
Proprio per gli errori commessi da Ahmadinejad, è molto difficile che un suo candidato possa  competere con un rappresentante di Khamenei”.
– In occasione del Consiglio delle Nazioni Unite, Ahmadinejad si è reso disponibile ad un dialogo con gli Stati Uniti, ma una volta rientrato in Iran è stato duramente criticato: come pensa debbano essere le relazioni fra i due paesi?
Oggi più che una questione nazionale e popolare, la relazione fra Usa ed Iran rientra nel piano della sensibilità personale, in quanto solo Khamenei può prendere decisioni in materia. Io penso che in passato l’assenza di relazioni tra i due paesi rientrava in una logica rivoluzionaria, ma oggi si è trasformata in una difficoltà per noi, un danno che i vertici dell’Iran non riescono a giustificare davanti al popolo, ne’ sanno come uscirne. Un domani, aprendosi un possibile dialogo, un leader potrebbe arrivare a dire che l’attesa di oltre trent’anni è servita per acquisire determinati vantaggi, ma le cose stanno diversamente”.
– Primavera araba o, come è stato definito da Khamenei, ‘Risveglio islamico’, ma anche appoggio al regime siriano di Bashar al-Assad… che ne pensa?
Il timore del leader dell’Iran era quello di essere messo in coda, dall’Occidente, di Ben Alì. Mubarak e Gheddafi: appoggiando al-Assad ha voluto dire ad Europa, Israele e Stati Uniti che l’Iran non è isolato e che la Primavera araba, ovvero il ‘Risveglio islamico’, altro non è che un tentativo dei paesi arabi di giungere alla Rivoluzione islamica iraniana. Secondo me ha commesso quattro grandi errori: entrare nel gioco d’azzardo del nucleare mettendosi sotto l’ombrello della Russia; poi gli scontri con i manifestanti e le repressioni in occasione delle elezioni del 2009, dove non ha svolto il suo ruolo di mediatore; quindi sostenere Ahmadinejad impegnando la propria credibilità; infine supportare in qualsiasi situazione Bashar al-Assad”.
– Come vede il silenzio di Israele rispetto alla Primavera araba ed alla questione siriana?
In un mio articolo ho parlato del ruolo di ‘operaio’ che riveste in Siria l’Iran a favore di Israele: Tel Aviv ha forti interessi in Siria e teme che possano andare al governo del paese i fondamentalisti islamici antisionisti. Israele non ha sparato neanche un proiettile in Siria, ma con i suoi soldi sta alimentando sotto sotto lo scontro. Non basteranno quaranta o cinquanta’anni ai siriani per ricostruire la nazione: quale cosa migliore per Israele?”.
– Batterie Patriot ed armi chimiche: che possibilità ci sono di un allargamento del conflitto nella regione ed al limite come sarà il fronte in Medio Oriente?
In caso di guerra sarà cautela dell’Iran rimanere a guardare, senza lasciarsi coinvolgere; l’Iran non sosterrà mai gli insorti, mentre la Nato sta aspettando che la Siria si rovini ulteriormente per intervenire”.
– In Iraq aumentano le tensioni fra sunniti e sciiti: pensa sia l’inizio di una Primavera araba locale e quale reazione avrà l’Iran in questo caso?
Per l’Iran, l’Iraq ha rappresentato un’occasione per seguire il proprio conflitto ideologico con gli Stati Uniti a pochi passi da casa. Certamente Teheran appoggia ed appoggerà gli sciiti iracheni. Potrebbe accadere che il paese venga diviso in tre parti, con un sistema governativo diverso, con i sunniti, che potrebbero avere maggiore centralità, gli sciiti ed i curdi”.
– Con l’ascesa al potere di Mohammed Morsi, l’Iran ha voluto manifestare vicinanza, dopo tanti anni, all’Egitto; si è parlato di più viaggi dell’inviato di Teheran Qasem Soleimani al Cairo: che scopi persegue l’Iran nella Terra dei faraoni?
Apparentemente vi sono relazioni militari fra i due paesi, ma più probabilmente l’Iran ha visto in un primo momento la caduta di al-Assad, per cui aveva bisogno di un nuovo alleato nella regione”.
– Nel quadro che fin ora ci ha descritto, quale pensa sia il futuro della Repubblica islamica?
Le autorità iraniane hanno compreso che le repressioni degli oppositori non pagano, per cui stanno usando la strategia della pazienza e della tolleranza; gli oppositori non usano l’arma della violenza, bensì lavorano sulla consapevolezza: una tale situazione non durerà a lungo, poiché davanti ad un popolo che vede le cose è impossibile continuare a rubare ed a mentire, per cui alle autorità non rimarrà altro che l’impiego della forza e della coercizione. Ma solo con la consapevolezza finirà l’era del governo religioso e si arriverà alla convivenza pacifica, con il rispetto anche di credo e di pensieri diversi”.