Iran. Khamenei grazia decine di migliaia di detenuti nel tentativo di raffreddare le tensioni interne

Ma l'Iran non sarà mai più di prima.

di Guido Keller

Il regime iraniano è sotto pressione, e si intravedono le prime crepe nella rigidità politico-religiosa del sistema.
Dopo mesi di proteste, iniziate con la morte in una stazione di polizia della 22enne curdo-iraniana Mahsa Amini, colpevole per non aver portato il velo in modo corretto, e soprattutto un numero enorme di arresti anche arbitrari, la Guida spirituale del paese, l’ayatollah Ali Khamenei, ha annunciato che presto saranno graziati “alcune decine di migliaia” di detenuti, molti dei quali fermati nei disordini.
Esclusi dal provvedimento saranno gli accusati di spionaggio, i responsabili i danni ai beni dello Stato, i colpevoli di omicidio volontario e coloro che sono stati condannati a seguito della querela di un privato.
L’occasione è ufficialmente l’anniversario della Rivoluzione del 1979, ma appare evidente che mesi di proteste e di scontri hanno esposto il regime ad una doppia pressione, interna ed esterna, con le cancellerie di mezzo mondo che hanno espresso condanne ufficiali.
Le manifestazioni, che hanno visto perlopiù studenti, si sono dilagate in breve tempo in tutto il paese scatenando scioperi e soprattutto la dura repressione delle forze dell’ordine, che in alcuni casi sono ricorse a proiettili veri per arginare la piazza.
Non è dato da sapere il numero dei morti e dei feriti negli scontri, ma secondo l’Iran Human Rights (Ihr), con sede in Norvegia, sarebbero quasi 500 le persone che hanno perso la vita. Alcuni giovani sono stati giustiziati in quanto ritenuti colpevoli di omicidio per aver ucciso agenti di polizia.
Tuttavia il fatto che il regime abbia provveduto ad operare arresti arbitrari è fuori dubbio: è in carcere dal 29 settembre con l’accusa di “propaganda antigovernativa e cospirazione” la giornalista Elahe Mohammadi, la quale aveva seguito per la stampa riformista il funerale di Mahsa Amini, ma è notizia di oggi che le manette ai polsi sono scattate anche per la sorella di Mohammadi, Elnaz, anche lei giornalista.
E’ difficile ipotizzare gli effetti della misura intrapresa da Khamenei, ma è certo che in un’epoca di rivoluzione culturale e comunicativa rappresentata dagli smart phone il carrozzone del regime confessionale iraniano mostra sempre più i segni del tempo. Una realtà a cui si aggiungono anni di chiusura per le sanzioni, costi per guerre condotte altrove (dalla Siria allo Yemen), inflazione alle stelle e disoccupazione giovanile: una miscela che sta portando la stremata popolazione giovanile a ribellarsi, e a disegnare un nuovo futuro per l’Iran.