Iran. Procedono i colloqui sul nucleare, ma nella Repubblica Islamica non viene meno la repressione

di Shorsh Surme

Mentre procedono a Vienna i colloqui sul nucleare iraniano, Teheran ha iniziato ad arricchire l’uranio al 60% presso presso l’impianto nucleare di Natanz, come ha confermato il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran. Quest’ultimo aveva promesso di aumentare l’arricchimento dell’uranio sulla scia di quello che si credeva essere un attacco israeliano a Natanz domenica scorsa, suscitando preoccupazione da parte degli Stati sottoscrittori dell’Accordo sul nucleare del 2015 (Jpcoa). Regno Unito, Francia e Germania si sono espressi contro il piano l’arricchimento al 60 per cento.
Infatti gli ayatollah continuano per la loro strada, ed il portavoce parlamentare Mohammed Bagher Ghalibaf alcuni giorni fa ha dichiarato che “Si tratta di uno sviluppo serio, poiché la produzione di uranio altamente arricchito costituisce un passo importante nella produzione dell’arma nucleare, e l’Iran non ha un nessun bisogno di arricchimento per l’uso civile”.
Ricordiamo che l’accordo sul nucleare del 2015 si era rotto nel 2018 quando l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è ritirato, imponendo dure sanzioni economiche all’Iran; una mossa che come sempre ha messo in ginocchio la popolazione iraniana e non i governanti.
Ora la nuova amministrazione di Washington vuole tornare all’accordo e i colloqui in corso tra Iran, Russia, Cina, Regno Unito, Francia e Germania mirano a portare gli Usa a cancellare le sanzioni, in modo da indurre i dirigenti iraniani a ridimensionare la propria attività di arricchimento.
Si spera che durante i colloqui sul nucleare del “5+1”, si possa intavolare anche la continua violazione dei diritti umani in Iran.
Le autorità hanno infatti continuato a reprimere i popoli dell’Iran, e l’apparato delle Guardie della rivoluzione, i Pasdaran, con la complicità della magistratura hanno represso duramente il dissenso, anche attraverso lil ricorso all’uso di una forza eccessiva e letale contro i manifestanti e gli attivisti politici; solo all’inizio del mese di aprile tre giovani attivisti curdi sono stati impiccati nel prigione nella città curda di Urmea, colpevoli sono per aver difeso la libertà del loro popolo, i curdi.