di Shorsh Surme –
A 10 mesi dalle elezioni continua ad esserci instabilità politica in Iraq, ed è giunto il momento che la comunità internazionale prenda sul serio una situazione che rischia di essere esplosiva.
Durante il fine settimana i seguaci del potente religioso sciita iracheno Moqtada al-Sadr hanno preso d’assalto e occupato il parlamento iracheno per protestare contro un blocco rivale che tentava di formare il governo. La mossa arriva a meno di due mesi dalle dimissioni del blocco di al-Sadr in parlamento per la sua incapacità di formare un governo di maggioranza a seguito del vittorioso esito elettorale dell’ottobre 2021. A quasi 10 mesi da quelle elezioni, non c’è ancora un nuovo governo ed è in gioco la stabilità del paese. Ad alimentare gli scontri politici fra i sostenitori di al-Sadr e i suoi rivali politici è l’ingerenza di una parte del libanese Hezbollah Libanese e degli ayatollah iraniani.
Ci sono opinioni contrastanti tra gli iracheni su quali siano gli obiettivi di al-Sadr e le tattiche che impiegano. Ancora una vasta fascia di popolazione vede il partito sciita come un necessario per un cambiamento dapo i fallimenti del sistema politico iracheno.
Sarhang Hamasaeed dell’USIP esamina sul giornale Hersh come si è arrivati ad oggi, cosa vuole al-Sadr, se c’è un ruolo per gli Stati Uniti e quali sono le prospettive per l’Iraq.
“Prima del voto parlamentare nazionale iracheno dell’ottobre 2021 – spiega -, molti hanno chiesti un cambiamento per arrivare a nuove elezioni. Le precedenti hanno rotto lo stallo politico che aveva paralizzato il processo politico nazionale dal 2018? Sarebbe ad oggi un governo in grado di soddisfare le richieste del movimento di protesta del 2019 per quanto riguarda i servizi, i posti di lavoro e le riforme? Chiaramente nessuno dei due cambiamenti è avvenuto”.
Il Parlamento uscito dalla consultazione elettorale vede il maggior numero di seggi assegnato agli arabi sunniti, guidati dal presidente del parlamento Mohammed al-Halbousi e da Khamis al-Khanjar, con 63 parlamentari; il Partito Democratico del Kurdistan (KDP), guidato dall’ex presidente della regione del Kurdistan Massoud Barzani, conta 31 seggi. L’altra coalizione è il Coordination Framework, considerato vicino all’Iran, che include l’Alleanza per lo Stato di diritto dell’ex primo ministro Nouri al-Maliki, la Fatah Coalition e altri fino ad arrivare ad al-Sadr e alla sua coalizione: sufficienti voti per formare il governo, ma non sono mai stato in grado di crearlo perché la Costituzione richiede al Parlamento di eleggere un presidente, il quale dovrebbe incaricare come primo ministro un esponente del più grande gruppo parlamentare, cioè dell’opposizione. Al-Sadr voleva un governo maggioritario piuttosto che l’ampio consenso, noto Iraq come “tawafuq”, un modello di governo che dal 2003 si è dimostrato inefficace.