Iraq. Il Parlamento iracheno vota l’espulsione dei militari Usa

di Shorsh Surme

Potrebbe tradursi con una spaccatura insanabile la decisione di ieri del Parlamento iracheno di espellere le truppe statunitensi dall’Iraq a seguito dell’uccisone del generale iraniano Qassem Soleimani in un raid Usa lo scorso venerdì.
L’iniziativa è stata infatti sostenuta dai parlamentari sciiti, che detengono la maggioranza dei seggi al Parlamento federale, ma i deputati sunniti e curdi si sono astenuti o non hanno partecipato al voto in quanto contrari all’abolizione dell’accordo con gli Usa.
Dopo il voto del Parlamento la coalizione internazionale ha sospeso tutte le operazioni contro il gruppo terroristico dello Stato Islamico per concentrare le forze nella protezione dei militari di Stati Uniti, Regno Unito, Italia e di altre truppe presenti in Iraq.
Dal comando dell’operazione Inherent Resolve (operazione militare Usa contro l’Isis) è infatti stato comunicato che la coalizione negli ultimi due mesi è stata “totalmente impegnata” a proteggere le sue basi alla luce di “ripetuti attacchi missilistici” da parte delle milizie filo-iraniane. “Ciò ha limitato la nostra capacità di interagire con i partner e di supportare le loro operazioni contro il Daesh, e pertanto abbiamo sospeso queste attività, soggetta a una revisione continua”, ha affermato il comando.
Attualmente ci sono circa 6mila i militari Usa con base in Iraq, la cui funzione principale era quella di addestrare l’esercito iracheno nelle operazioni anti-Isis, ma col tempo la loro presenza è diventata controversa.
Vi è un notevole malcontento in Iraq per il fatto che Donald Trump avesse autorizzato questa azione senza alcun preavviso al Congresso Usa e alle autorità irachene.
Il voto del parlamento iracheno chiede specificamente l’annullamento dell’accordo in base al quale gli Stati Uniti hanno inviato truppe in Iraq più di quattro anni fa per aiutare il paese nella lotta contro l’Isis. Anche la Gran Bretagna ha sospeso le attività dei propri 400 militari, solitamente impiegati a fianco di quelli statunitensi.
L’ostilità nei confronti delle truppe statunitensi in Iraq è aumentata nelle ultime settimane, con il crescersi delle tensioni tra Washington e Teheran. Alla fine di dicembre un contractor americano è stato ucciso e diversi membri del personale di servizio sono rimasti feriti in un attacco missilistico alla base di Kirkuk, azione alla quale è seguito un bombardamento usa sulle milizie sciite irachene (23 morti) e quindi l’assalto dimostrativo dei manifestanti all’ambasciata Usa.
L’Operazione Inherent Resolve ha fatto sapere di sperare che possa riprendere le attività contro l’Isis: “Rimaniamo pronti a riportare tutta la nostra attenzione e gli sforzi al nostro obiettivo comune di garantire la sconfitta duratura di Daesh”.