Iraq. Resta alta la tensione, fra attacchi e manifestazioni anti-Usa

Ieri razzi contro l’ambasciata statunitense.

di Ehsan Soltani

Resta elevata la tensione in Iraq, dove in meno di un mese si è arrivati al terzo attacco verso la rappresentanza diplomatica statunitense da parte di manifestanti e di miliziani, l’ultimo ieri portato a termine con 5 razzi che sono esplosi nella Zona Verde, vicino all’ambasciata, fortunatamente senza provocare vittime, ma la Reuters ha riportato di tre feriti fra il personale della delegazione. Hadi al-Amiri, leader di Alleanza al-Fataf, ha preso a nome degli sciiti le distanze affermando che “la nostra vendetta ci sarà ma non contro obbiettivi diplomatici”, ed asserendo che a lanciare i razzi sarebbero stati gruppi filoamericani per aumentare le tensioni.
Al parlamento di Baghdad, che a seguito dell’assassinio del capo della milizia sciita irachena Abu Mahdi al-Muhandis e del generale iraniano Qassem Soleimani, capo della Brigata al-Quds dei Pasdaran, ha votato sostanzialmente l’espulsione dei militari statunitensi e il divieto di volo per gli aerei, Washington ha risposto con la minaccia di congelare i conti del governo iracheno presso la Fed (Federal Reserve Bank) di New York, cioè i 3 miliardi di dollari frutto della vendita di petrolio.
L’attacco di ieri è arrivato dopo la maxi-manifestazione di tre giorni fa contro la presenza Usa che ha visto la partecipazione di oltre un milione di persone, indetta dal leader sciita Moqtada al-Sadr e partecipata anche dagli altri gruppi sciiti tradizionalmente a lui avversi. Numerosi durante le manifestazioni gli scontri fra le diverse fazioni irachene, e ieri a Nassirya, dove è consistente la presenza di seguaci del partito Ba’th di Saddam Hussein, l’esercito ha aperto il fuoco sui manifestanti uccidendone diversi.
Le vie d’accesso all’ambasciata Usa sono chiuse con blocchi di cemento, ma ormai la presenza americana in Iraq è, se non compromessa, costretta a fare i conti con una realtà politica fortemente avversa, coalizzatasi dopo l’omicidio ordinato da Donald Trump dei due alti ufficiali.