Israele. La Corte suprema di Giustizia rigetta le unioni gay, ‘tocca al Parlamento’

di Vanessa Tomassini

L’associazione israeliana per i diritti delle persone lgbt (Gay, Lesbiche, Bisessuali e Transessuali) ha presentato all’Alta corte una petizione per il riconoscimento del matrimonio tra individui dello stesso sesso. Mentre il ministero del Turismo diffondeva in rete, vantandosi, dell’apertura di Israele alla comunità lgbt con le immagini del primo Gay pride a Tel Aviv dello scorso giugno, la petizione è stata candidamente rigettata dai giudici.
L’ex vicepresidente Elyakim Rubinstein e i giudici Neal Hendel e Anat Baron hanno respinto l’interpretazione della legge fondamentale di pari dignità umana e libertà avanzata dagli attivisti che richiedevano il riconoscimento delle unioni civili omosessuali in quanto l’attuale posizione dello Stato d’Israele non si trova in contraddizione con essa. I giudici hanno poi lanciato la palla ai legislatori asserendo che non è compito della Corte suprema decidere sulla questione. Hanno anche aggiunto che, “poiché la legge israeliana vede i tribunali rabbinici come l’unica autorità per quanto riguarda il matrimonio ebreo nel Paese, il ricorso è errato in quanto la Corte Suprema è un tribunale civile, non un rabbino”.
I giudici hanno aggiunto nel verdetto di essere consapevoli della tendenza a riconoscere il matrimonio dello stesso sesso in occidente e che in alcuni paesi – come gli Stati Uniti – è stato fatto tramite una decisione della Corte suprema. Tuttavia, hanno dichiarato, nella maggior parte dei Paesi, come Canada, Francia, Spagna, Nuova Zelanda, Svezia, Italia, è stato fatto attraverso il ramo legislativo.
Chen Arieli, presidente della associazione israeliana Iglbt, si è detta rammaricata dal fatto che per un caso così importante la Corte abbia deciso di rimettere il problema al legislatore, renderlo di fatto politico. Dichiarando al Jerusalem Post che “la storia della lotta lgbt in Israele mostra l’importanza delle precedenti legali e possiamo solo essere dispiaciuti di questa decisione”. Ha poi aggiunto che “tuttavia, è importante leggere tra le righe e vedere il messaggio dalle decisioni dei giudici che indicano inequivocabilmente la discriminazione e l’ingiustizia nella situazione attuale”.
Arieli non si perde d’animo e la sua lotta continua. Anche grazie al suo lavoro e proteste arcobaleno, in Israele è già possibile adottare minori per le coppie dello stesso sesso cosa che pone il paese avanti – e di molto – rispetto a Paesi occidentali.
Riuscirà Arieli a smuovere le conoscenze dei politici, ma soprattutto della parte ortodossa di Israele anche su un tema così religioso come il matrimonio?