di Giuseppe Gagliani –
L’attacco del 7 ottobre 2023 ha rappresentato per Israele uno spartiacque non solo simbolico, ma strutturale. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF), spesso considerate una delle macchine militari più efficienti al mondo, si sono scoperte vulnerabili, colpite nel cuore da un’operazione di Hamas che ha colto tutti di sorpresa. Da allora, l’intero impianto strategico-militare di Tel Aviv è sotto revisione. Il processo non è retorico, ma concreto: ristrutturazioni, nuove unità, rilancio di brigate dismesse, rafforzamento dei comandi territoriali e riforme nell’addestramento. Il tutto mentre i confini nord e sud del Paese restano bollenti e le tensioni regionali si moltiplicano.
La riforma, guidata dal generale Tamir Yadai, vicecapo di Stato Maggiore, nasce come risposta operativa alle lacune evidenziate durante il massiccio attacco di Hamas, ma si inserisce in un più ampio disegno di rafforzamento della proiezione militare su tutti i fronti: Siria, Libano, Cisgiordania e Giordania. In questo contesto si colloca la creazione della Divisione Gilad, nuova unità regionale orientale che sorveglierà il confine con la Giordania fino all’aeroporto di Ramon, includendo aree cruciali come il punto d’incontro tra Israele, Siria e Giordania. Una zona dove l’intelligence iraniana e le milizie filo-Teheran muovono da anni le proprie pedine.
Al nord le brigate 474ma “Golan” e 810ma “Montagne” vengono potenziate per operare in autonomia, in previsione di conflitti multipli e simultanei. Si tratta di un chiaro segnale in direzione dell’Hezbollah libanese, che da mesi aumenta la pressione al confine e rappresenta il vero nemico convenzionale per le IDF. A sud, invece, si cerca di irrobustire la presenza lungo la Giordania e il Negev, in vista di possibili minacce asimmetriche o destabilizzazioni provenienti anche da attori transfrontalieri come cellule jihadiste o reti del contrabbando.
La creazione della 96ma Divisione, composta da riservisti volontari organizzati territorialmente, rappresenta un salto di paradigma. I soldati conserveranno armi e dotazioni a casa, pronti a intervenire nella propria regione. Un modello simile a quello svizzero, ma più operativo e finalizzato al contrasto di incursioni lampo o attacchi terroristici su scala locale. Più che un esercito regolare, una “milizia del vicinato” militarizzata, ideata per rispondere in tempo reale senza attendere mobilitazioni centrali.
Dopo l’uscita del generale David Zini, nominato a capo dello Shin Bet, l’intera struttura addestrativa delle IDF viene rivisitata. Il comando di formazione militare verrà ridotto a divisione, mentre le scuole, come Bahad 1, verranno differenziate tra combattenti e non-combattenti, e separate dalle brigate operative attivate in guerra. In parallelo, nasce una nuova brigata di riserva di fanteria, la 261ª, che non sarà più inglobata nella scuola ufficiali. Il segnale è chiaro: l’addestramento diventa una funzione separata e permanente, non più “prestabile” ai teatri di guerra.
Dal 2026 sarà di nuovo operativa la 500ma Brigata corazzata, dismessa nel 2003. Un ritorno che segnala il bisogno di ridare centralità alla guerra corazzata convenzionale, in un Medio Oriente dove i droni la fanno da padrone, ma i carri armati continuano a decidere i destini delle città assediate. Parallelamente, si rilanciano tre compagnie di pattuglia dell’Armored Corps, e si prevede la creazione di un quinto battaglione di genieri da combattimento, specializzati nel superamento di ostacoli, mine e fortificazioni urbane.
La Marina israeliana riceverà nuove “capacità strategiche” ancora non specificate, ma che potrebbero riguardare operazioni di interdizione nel Mar Rosso e nel Mediterraneo orientale, dove si intensifica la sfida con Iran e Turchia. L’Aeronautica, dal canto suo, vedrà un’espansione del sistema di difesa aerea e la possibile costituzione di nuove unità di droni d’attacco, in linea con la crescente dottrina israeliana di “saturazione del campo di battaglia” attraverso sciami autonomi.
L’insieme delle riforme mostra chiaramente che Israele non si prepara alla pace, ma a una lunga fase di instabilità. La lezione di Hamas è stata devastante e, da allora, Tel Aviv ha deciso di non farsi trovare più impreparata. L’esercito cambia forma, si territorializza, rinasce in alcune sue componenti storiche e si espande in quelle digitali e tecnologiche. In parallelo, si blinda lungo confini che vanno ben oltre Gaza, perché il prossimo attacco, come la storia insegna, potrebbe venire da dove meno te lo aspetti.