Israele. Netanyahu sotto pressione per le manifestazioni antigovernative

Ma intanto attacca obiettivi iraniani in Siria.

di Guido Keller

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che le proteste antigovernative non influiranno sulle operazioni militari in corso, ovvero “sulla nostra capacità di colpire i nostri nemici su tutti i fronti, ovunque e quando necessario”. Intervenendo al Consiglio dei ministri, ha poi detto minaccioso che “stiamo facendo pagare un caro prezzo ai regimi che sostengono il terrorismo, oltre i nostri confini. Consiglio loro di non fare errori”.
Da alcuni giorni si registra in Siria un incremento della pressione israeliana con attacchi missilistici notturni, che hanno causato la morte di due consiglieri militari dei Pasdaran iraniani e il ferimento di altre cinque soldati in attacchi mirati contro infrastrutture e centri logistici situati perlopiù nella provincia di Homs.
Attacchi di Israele di questo genere in Siria sono tutt’altro che rari, ed hanno lo scopo, a dire delle autorità israeliane, di eliminare rischi per la sicurezza, nella fattispecie il supporto iraniano diretto agli Hezbollah libanesi.
La contraerea siriana è riuscita ad abbattere alcuni missili, ma diversi hanno centrato i loro obiettivi.
Ma per Netanyahu i problemi sono anche interni, dopo le maxi manifestazioni che ieri sono arrivate al 13mo sabato consecutivo. Secondo gli organizzatori a scendere in piazza contro il disegno di riforma della giustizia sono stati in 450mila in diverse città, da Tel Aviv a Gerusalemme, da Haifa a Rehovot e a Goma.
Presso la capitale Tel Aviv i manifestanti hanno bloccato l’autostrada Ayalon, ma poi sono stati dispersi dalle forze dell’ordine intervenute con i cannoni ad acqua.
L’approvazione del progetto di legge è stato infine ritirato, ma la sgangherata maggioranza su cui si appoggia il governo (64 su 120) ha al suo interno forze religiose radicali come il Partito Sionista Religioso, Potere Ebraico e Ebraismo della Torah Unito, che tengono sotto scacco Netanyahy e che non perdono occasione per provocare e arroventare gli animi, come nel caso della camminata del ministro Itmar Ben Gvir (Potere Ebraico) sulla Spianata delle Moschee a gennaio, luogo sacro per i musulmani, o ancora degli attacchi ai palestinesi che hanno spinto gli alleati di Washington a chiedere quantomeno moderazione.