Israele. Svolta a destra: le sfide del nuovo Governo

Michele Magistretti * –

In Israele le elezioni legislative del primo novembre hanno decretato una chiara vittoria della coalizione di destra guidata dal kingmaker della politica israeliana, il leader conservatore Benjamin Netanyahu. In particolare, gli alleati di “Re Bibi” hanno visto aumentare considerevolmente i propri consensi e nei negoziati post voto hanno quindi preteso maggiori concessioni per ottenere posizioni chiave nel futuro esecutivo.
Vediamo quindi quali sono le prospettive e le difficoltà a cui potrebbe andare incontro la coalizione che si appresta a guidare il governo nel 2023.
Il risultato elettorale: il paese svolta a destra – La coalizione di destra si è assicurata 64 seggi, una solida maggioranza. Questo successo elettorale è comprensibile se si guarda a una serie di fattori. In primo luogo, agli occhi di molti elettori, il precedente ed eterogeneo governo non è stato capace di dare risposte concrete ed efficaci alla crisi economica e al deterioramento della sicurezza interna. Inoltre, l’estrema eterogeneità ideologica della precedente maggioranza ne ha penalizzato l’incisività politica, a causa delle cicliche tensioni interne tra le componenti di destra e le fazioni progressiste. Infatti, i partiti maggiormente penalizzati in questa tornata elettorale sono stati quelli conservatori e nazionalisti che hanno scelto di scendere a compromessi pur di allontanare Netanyahu dal potere e quelli progressisti come Meretz, che non ha rieletto nessuno dei propri parlamentari, e i laburisti, i quali hanno perso tre seggi.
I risultati delle urne però non implicano un percorso agevole per la coalizione vincente. Netanyahu potrebbe dover essere costretto a continui e complessi compromessi con i propri alleati ultraortodossi e estremisti, senza i quali non ha i numeri per governare. Contemporaneamente, gli alleati di Bibi, a causa delle proprie posizioni radicali, subiscono da sempre una conventio ad excludendum da parte di tutti gli altri partiti dello spettro politico israeliano e, adesso, hanno un’occasione unica per governare.
Un cammino irto di ostacoli: tra l’oltranzismo degli alleati interni e i timori di quelli esterni – Gli accordi di coalizione rivelano numerosi aspetti critici che preoccupano sia l’opposizione interna, ma che potrebbero pregiudicare anche i rapporti con l’alleato americano e i nuovi partner arabi.
Il leader estremista anti arabo, Ben Gvir, si appresta a diventare ministro per la sicurezza nazionale e pretende maggiori poteri di controllo sulla polizia, in particolare per tentare di attuare politiche più repressive nelle enclave arabo-israeliane e nei territori della Cisgiordania.
La coalizione di destra potrebbe poi emendare una delle leggi costituzionali per agevolare la nomina a ministri del leader di Sionismo Religioso, Bezalel Smotrich, e quello ultraortodosso di Shas, Aryeh Deri. La riforma permetterebbe a Smotrich, che sostiene l’annessione della West Bank a Israele, di ottenere una carica in un nuovo ministero della difesa bicefalo, assumendo così il controllo della gestione amministrativa degli insediamenti in Cisgiordania. Mentre, per Aryeh Deri, condannato per frode fiscale, si aprirebbero le porte dei ministeri dell’interno e della salute.
Gli ultraortodossi e Sionismo Religioso hanno poi espresso la volontà di modificare la Legge del ritorno per restringere i criteri di acquisizione della cittadinanza e immigrazione, eliminando la possibilità di essere riconosciuto come ebreo essendo nipote di ebrei. Nel caso questa riforma venisse portata a compimento, si verrebbe a creare una ampia e amara frattura tra Israele e la comunità della Diaspora minando le fondamenta del Sionismo.
I partiti ultraortodossi desiderano anche maggiori finanziamenti per le proprie strutture educative, senza dover inserire nei curricula scolastici materie di insegnamento come inglese e matematica e vogliono l’esenzione dal servizio militare per gli studenti dei testi religiosi tradizionali. Inoltre, il leader di Ebraismo della Torah Unito, Yitzchak Goldknopf, plausibile futuro ministro delle costruzioni, potrebbe entrare nel gabinetto di sicurezza, avendo quindi voce in capitolo nelle decisioni che influenzeranno l’operato delle forze militari.
L’aumento del peso politico delle forze reazionarie e teocratiche potrebbe quindi modificare pesantemente il quadro politico-istituzionale interno, minando la già fragile armonia sociale del Paese.
L’amministrazione statunitense ha già espresso il proprio nervosismo riguardo le scelte spregiudicate del leader del Likud. Tuttavia, le politiche promosse dalle frange reazionarie e suprematiste della coalizione potrebbero portare anche ad un raffreddamento se non al deragliamento dei rapporti con i nuovi alleati arabi, dei quali Israele ha bisogno per contrastare l’Iran e creare una nuova struttura di sicurezza regionale complementare ai propri interessi strategici. Qualora la repressione interna nei confronti degli arabo-palestinesi dovesse aumentare e gli estremisti nazionalisti spingessero per la prosecuzione senza remore delle annessioni illegali in Cisgiordania, le dirigenze arabe potrebbero avere maggiori difficoltà nel rapportarsi con lo stato ebraico.

* Mondo Internazionale Post.

Articolo in mediapartnership con Giornale Diplomatico.