Israele. Vendute concessioni per l’esplorazione di gas sul mare di Gaza

di Giuseppe Gagliano

Nel pieno della guerra in corso a Gaza, il governo di Israele ha assegnato 12 licenze per l’esplorazione di gas al largo della costa di Gaza a sei compagnie, tra cui la britannica BP, l’italiana Eni, Dana Petroleum e Ratio Petroleum israeliana. A fine ottobre, tre settimane dopo l’inizio dell’attacco militare israeliano a Gaza, il ministero dell’Energia israeliano ha annunciato nuove concessioni per il gas naturale in zone che, secondo il diritto internazionale, ricadono nei confini marittimi palestinesi.
Le aree di concessione comprendono la Zona G, adiacente alle coste di Gaza, di cui il 62% si trova entro i confini marittimi palestinesi, e le Zone H ed E, di cui il 73% e il 5% rispettivamente sono situate entro i confini marittimi rivendicati dalla Palestina. La concessione di queste licenze dimostra il disprezzo di Israele per il diritto internazionale, in quanto non può legalmente assegnare licenze in aree dove non ha diritti sovrani. Il diritto internazionale vieta infatti lo sfruttamento delle risorse naturali dei territori occupati per scopi commerciali.
La Palestina ha dichiarato i suoi confini marittimi quando è entrata a far parte della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) nel 2015, fornendo coordinate geografiche e cifre dell’area nel 2019. Tuttavia Israele non è parte di UNCLOS e non riconosce lo Stato di Palestina, il che gli fornisce un pretesto per non riconoscere i confini marittimi palestinesi e ignorare le norme internazionali.
Le autorità israeliane esercitano un controllo completo ed effettivo sulle aree marittime palestinesi, negando a Gaza l’accesso alle risorse nelle proprie acque, nonostante gli Accordi di Oslo garantiscano ai palestinesi il diritto di accesso a un’area di 20 miglia nautiche dalla costa di Gaza. Le nuove licenze per l’esplorazione del gas sono state contestate da diversi gruppi per i diritti umani palestinesi, che hanno inviato lettere al ministro dell’Energia israeliano e al procuratore generale chiedendo la cancellazione di questi bandi, considerati una violazione del diritto internazionale.
Israele ha adottato da decenni un modus operandi unilaterale per appropriarsi delle risorse naturali nei territori palestinesi occupati. Le recenti concessioni offshore sono viste come un ulteriore tentativo di sequestrare illegalmente le risorse palestinesi.
Le ambizioni energetiche di Israele, evidenziate dall’intenzione di diventare un hub energetico esportando gas verso l’Europa, sono state ostacolate dalla guerra in corso a Gaza. Gli analisti energetici sottolineano che la situazione di sovranità della Striscia di Gaza è abbastanza ambigua da far sì che le compagnie energetiche internazionali siano caute nel lavorare con Israele in prossimità di una zona di guerra attiva.
Le licenze per l’esplorazione del gas al largo della costa di Gaza sono parte di un più ampio piano strategico di Israele per consolidare il proprio ruolo di fornitore di energia, ma sollevano significative questioni legali e di sovranità che complicano ulteriormente le già delicate dinamiche geopolitiche della regione.