Ius scholae sì, ius scholae no

di Giovanni Caruselli

I giornali e i più importanti mezzi di comunicazione cercano di convincerci che gli italiani sono ossessionati dal dilemma ius scholae sì, ius scholae no. Sondaggi sopra sondaggi ci illuminano sull’opportunità di conferire la nazionalità italiana a chi ha mostrato intelligenza, voglia di studiare e di mettersi al servizio del Paese in cui vorrebbe vivere, oppure a chi si è trovato a nascere e crescere in Italia, ma solo dopo i 18 anni. Immaginiamo padri e madri di famiglia insonni che discutono sottovoce se chi è stato adottato da italiani meriti qualcosa di più di chi è arrivato a nuoto a Lampedusa dopo che la barca su cui viaggiava si è rovesciata per il sovraccarico. Forse sì, forse no, oppure a secondo. La questione è in prima pagina da tempo e i vari leader si schierano arditamente per difendere l’onore dell’italianità, analizzando nei minimi dettagli la questione, giuridicamente, socialmente e antropologicamente. Probabilmente le maglie azzurre sempre più spesso indossate nelle competizioni sportive da atleti e atlete di pelle nera – parliamo delle Olimpiadi di Parigi – hanno sollecitato il quesito: a che condizioni permetteremo che l’Italia sia rappresentata da giovani colorati ? Ci va bene ? Sì, non tanto o per niente ? Che lo facciano americani, inglesi e francesi va bene, sono fatti loro del loro passato coloniale o delle loro politiche migratorie, ma a noi va bene?
Qualcuno si spinge più avanti, dice che siamo al primo tempo della “grande sostituzione” e bisogna ostacolare questo processo. Tutti sanno che gli italiani non vogliono fare figli, ma fingono di non saperlo. Soprattutto i politici che dovrebbero affrontare il problema della spesa sociale per i marmocchi che consumano e non producono e per le mamme che pretendono di avere il tempo di occuparsene e magari anche di non perdere il lavoro per fare figli. È proprio una brutta storia. Quindi invece di affrontare il problema alla radice preferiamo disquisire più o meno garbatamente su di esso.
Ma ce lo immaginiamo che succederebbe se lo spazio occupato da questa faccenda ogni giorno venisse utilizzato per spiegare agli italiani che cosa significa avere tremila miliardi di debito pubblico come si legge nell’ultimo report di Bankitalia? Oppure spiegare perchè riceviamo ammonizioni su ammonizioni (e anche multe) dall’Unione Europea perchè per la terza volta abbiamo fatto troppo poco contro l’inquinamento dell’aria e delle acque e abbiamo preso il cartellino rosso? Lo sanno gli italiani che la pianura padana secondo l’ultima rilevazione è la zona più inquinata d’Europa ? Seguono a ruota il problema dei suicidi nelle carceri, il riassetto idrogeologico del territorio e… fermiamoci qua.
Ma torniamo alla nazionalità italiana. Visto che abbiamo una disastrosa carenza di infermieri e di medici non sarebbe una buona idea quella di rastrellare (ci si scusi il termine) gli stranieri seriamente motivati a studiare scienze mediche in Italia e premiarli poi, senza tanta burocrazia, con la nazionalità italiana, se la richiedono. Non bisognerebbe riconoscere la voglia di studiare e di lavorare di chi dimostra di amare questo Paese e di impegnarsi a farlo uscire da un letargo che tanti esperti sociologi definiscono ormai declino?