Juncker ubriacone? Lo dice la polacca Krystyna Pawlowicz

di C. Alessandro Mauceri

Nei giorni scorsi, Krystyna Pawlowicz, deputata del PiS, il partito euroscettico che governa in Polonia, ha pubblicato una lettera aperta indirizzata al presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker accusandolo di essere “dipendente dall’alcool”. Diversi giornali hanno anche pubblicato i commenti su Facebook della Pawlowicz che ha dichiarato che la “dipendenza dall’alcool” di Juncker è diventata un “problema dell’intera comunità europea”.
La critica era nata dopo che Jean-Claude Juncker era stato fotografato appisolato sulla sedia, durante l’audizione da Papa Francesco a Roma, in occasione delle celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma. Una questione che rappresenta “un problema per l’intera comunità europea, inaccettabile alla luce delle norme culturali universali”. Nessun commento da parte del portavoce della Commissione europea, secondo cui non è arrivata nessuna lettera.
Non è la prima volta che Juncker riceve attacchi simili: nel 2014, l’ANSA riportò l’articolo del tabloid britannico Mail on Sunday dal titolo “Un ubriaco che beve cognac a colazione”. In quell’occasione molti pensarono che potesse trattarsi di un attacco più politico che personale dato che il britannico David Cameron era uno del principali oppositori di Jean-Claude Juncker, candidato alla presidenza della commissione europea. Del “problema” di Juncker si parlò di nuovo qualche mese fa: in rete venne fatto circolare un video in cui Juncker giocava in modo un po’ troppo vivace con le cravatte dei colleghi davanti ai giornalisti pronti per fotografarli e mostrava un’andatura un po’ barcollante. In un’intervista a Libération Juncker si giustificò attribuendo queste dicerie al suo precario equilibrio, dovuto a un grave incidente d’auto risalente al 1989. “Pensate davvero che sarei ancora al mio posto se fossi ubriaco di cognac dal mattino? A un politico si può perdonare tutto ma non l’alcolismo” disse Juncker.
Il problema è che l’alcolismo pare essere un problema più diffuso di quanto si pensi tra i politici. E i media non hanno mancato di segnalarli. Tanto per restare nell’Unione Europea, lo stesso Martin Schulz, fino a gennaio presidente dell’Europarlamento, avrebbe avuto problemi analoghi in gioventù: un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio lo costrinse a rinunciare alla carriera di calciatore e lui cercò di consolarsi con l’alcool. In un’intervista, nel 2013, al Financial Times fu lui stesso a raccontarlo. Ma ne uscì.
Prima ancora, nel 2009, era stato Shōichi Nakagawa, esponente del Partito Liberal Democratico giapponese e ministro delle Finanze a presentarsi alla conferenza stampa del G7 finanziario a Roma all’apparenza ubriaco (cosa che gli costò il posto). Nel 2010, era stato il ministro belga Michel Daerden a presentarsi ubriaco in aula. Lo stesso anno sarebbe successo al primo ministro inglese Tony Blair: lo ha confessato lui stesso nella sua biografia “Rispetto ai miei predecessori non ero certo un ubriaco, e a pranzo non bevevo quasi mai se non a Natale, ma se si considera il fattore su cui tutti mentono (i bicchieri a settimana), il mio consumo di alcoolici era indubbiamente elevato. Whisky liscio o gin&tonic prima di cena, un paio di bicchieri di vino o addirittura mezza bottiglia durante il pasto. Niente eccessi, dunque, mi ero imposto un limite, ma mi resi conto che bere era diventata una consolazione”. Più di recente, nel 2016, anche un ministro svedese fu costretta a dimettersi perché trovata alla guida con un tasso alcolico oltre i limiti di legge: Aida Hadzialic, ministro dell’Istruzione, definì l’accaduto “l’errore più grande della mia vita”. Un errore che le costò una carriera brillante (all’epoca aveva solo 29 anni). Casi di alcolismo, anche gravi, si sono verificati in quasi tutti i parlamenti. Tanto che sarebbe troppo lungo elencarli.
Ma allora perché l’accanimento della Pawlowicz nei confronti di Juncker? Alcuni hanno detto che più che in una ventata di moralismo si sia trattato di una vendetta a sangue freddo. Un paio d’anni fa a finire sui giornali era stata la stessa accusatrice di Juncker, Krystyna Pawlowicz, ma non per alcolismo: fu accusata di comportamento inappropriato perché dopo essere stata fotografata mentre mangiava un’insalata nel corso di un’audizione al Parlamento europea. Scoppiò un’accesa polemica che durò settimane.
La verità però potrebbe essere ben diversa: quello rivolto dalla Pawlowicz a Juncker non è un attacco personale ma un attacco politico. Viste in quest’ottica assumono un tono ben diverso le parole della Pawlowicz che è membro del partito euroscettico “Diritto e Giustizia”: “Getta discredito sui cittadini degli Stati membri dell’Ue”. Per questo la Pawlowicz avrebbe chiesto a Juncker di dimettersi e “prendersi un momento per riflettere sui recenti eventi e cambiare il modo in cui esercita i suoi doveri”. “Nell’attuale difficile situazione internazionale, nel mezzo di una crisi della Ue stessa, una posizione importante come la presidenza della Commissione europea dovrebbe essere nelle mani di qualcuno capace di controllarsi”. L’attacco quindi non sarebbe rivolto a Juncker come persona ma come rappresentante della Commissione europea. Da tempo i rapporti tra Varsavia e Bruxelles sono tutt’altro che rosei. Pochi mesi fa, quando i giornali non parlavano d’altro se non del problema dei migranti, la Polonia era stata tra quelli che avevano attribuito la responsabilità a Juncker. Più di recente sempre la Polonia aveva chiesto le sue dimissioni dopo il risultato del referendum sulla Brexit. Una tensione che aveva registrato un nuovo colpo dopo la conferma del polacco Donald Tusk alla guida del Consiglio europeo, nonostante l’opposizione di Varsavia.