Kazakistan. Il licenziamento del capo dell’intelligence fa pensare alla cospirazione

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Ancora non è dato da sapere in che misura sia stato applicato l’ordine del presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev alle forze di sicurezza di aprire il fuoco sulla folla dei manifestanti, ne’ dal paese arrivano notizie certe se non quelle ufficiali del regime, dal momento che internet continua ad essere bloccato.
Certo è che gli scontri sono ancora in corso con decine di morti sia fra i manifestanti che nelle fila delle forze dell’ordine, e che Tokayev ha ricevuto supporto dalla Russia, con i militari che hanno occupato i principali scali aereoportuali del paese.
La scintilla che ha fatto scattare le proteste contro il governo è stata l’aumento del prezzo del Gpl, ma è ormai certo che un ruolo determinante lo abbiano avuto le “miniere” delle criptovalute, la cui attività ha letteralmente succhiato l’energia elettrica.
Qualcuno ipotizza che vi sia stato uno scontro nei palazzi del potere fra l’entourage di Tokayev e quello del padre – padrone del Kazakistan Nursultan Nazarbayev, ancora a capo del potente Consiglio di sicurezza e con persino articoli della Costituzione che gli riservano diritti e privilegi, ed alla base di tale ipotesi vi sarebbe il licenziamento del capo dei servizi di sicurezza kazaki Karim Masimov. Questi, un fedelissimo (come lo stesso Tokayev) di Nazarbayev era stato nominato nel 2016 a capo dei servizi segreti (Knb), ed in precedenza era stato per ben due volte premier. Stando alle accuse avrebbe nascosto informazioni circa campi di addestramento per miliziani nelle aree remote del paese.
Uno scenario che farebbe pensare ad una cospirazione, ma al momento gli indizi per una tale ipotesi sembrano insufficienti.