Kazakistan. Proteste antigovernative e violenti disordini in tutto il paese

di Enrico Oliari

E’ caos in Kazakistan, dove l’aumento a 120 tenge (24 centesimi di euro) dei prezzi dei carburanti e del gas ha fatto scoppiare volenti disordini in tutto il paese, con veri e propri assalti a palazzi del potere. Nonostante sulla carta il paese sia una repubblica presidenziale, de facto a governare in modo assoluto è il presidente Kassym-Zhomart Tokayev, che dal 2019 ha preso il posto di Nursultan Nazarbaev, il cui potere è rimasto incontrastato per quasi 30 anni. L’81enne Nazarbaev è a capo del partito padrone del Kazakistan, il Nur Oltan (Partito democratico del Popolo), che ha 76 seggi su 98 al Majilis. Ed è anche capo del Consiglio di sicurezza e soprattutto “Leader della nazione”, carica istituita apposta per lui con una modifica della Costituzione, che gli consente prerogative e poteri.
Le notizie che arrivano Kazakistan sono piuttosto scarne e si rifanno ai comunicati ufficiali, anche perché internet è stato chiuso. Le proteste sono iniziate ad Aktobe, nella parte settentrionale del paese, e a di Zhanaozen, nella provincia sud-occidentale di Mangystau, ed in breve tempo si sono espanse in altre città fra cui Almaty, il centro finanziario del Kazakistan.
Nel tentativo di placare gli animi il presidente Tokayev ha fatto due interventi sulla tv di Stato ammettendo che durante gli scontri vi sono state vittime fra gli agenti di sicurezza, ma non ha parlato di morti o feriti fra i manifestanti.
Quello che si sa è che la situazione è grave, con almeno 200 agenti della sicurezza ricoverati di cui alcuni in condizioni critiche, una quarantina di auto della polizia sono state date alle fiamme come pure l’ufficio del sindaco di Almaty. Ad Aktobe i manifestanti sarebbero entrati in municipio senza trovare resistenza, con gli agenti che si sarebbero schierati con loro trovando il plauso della gente, mentre in altre città agenti e militari hanno usato la mano pesante caricando i gruppi di protesta.
Tokayev ha dichiarato lo stato d’emergenza con coprifuoco notturno nella capitale Nur-Sultan e ad Almaty, ma la situazione appare fuori controllo. Centinaia gli arresti.
Il governo di Askar Mamin si è dimesso e resterà in carica ad interim, mentre il premier è stato sostituito con Alikhan Smailov.
Il quadro delle proteste indica che l’aumento del prezzo dei carburanti è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, anche perché gli slogan dei manifestanti sanno di protesta antigovernativa a 360 gradi, contro il caro vita e la corruzione diffusa, ovvero contro una dittatura de facto che governa il paese fin dall’indipendenza dall’Unione Sovietica del 1991.
Dalla Russia, paese alleato del Kazakistan, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha fatto sapere che “viene seguita da vicino l’evolversi della situazione in Kazakistan”, ma già la stampa ipotizza che dietro i disordini in Kazakistan vi siano potenze straniere, nella fattispecie gli Usa.
Più probabilmente i 19 milioni di kazaki hanno semplicemente il desiderio di “buttare via il vecchio”, come recitano gli slogan della protesta.