Kenya. Proteste e scontri per le tasse, Ruto schiacciato tra il Fmi e il malcontento popolare

di Giuseppe Gagliano

La recente ondata di proteste in Kenya, scaturita dall’aumento delle tasse nella proposta di legge finanziaria 2024/2025, rappresenta una delle crisi politiche più gravi della presidenza di William Ruto. Le manifestazioni, iniziate come una reazione popolare contro le nuove misure fiscali, si sono trasformate in un movimento di protesta a livello nazionale, coordinato principalmente attraverso le piattaforme social come X, con l’hashtag #tutanethursday, che significa “ci vediamo giovedì” in una combinazione di swahili e inglese. La risposta del governo è stata severa: la polizia ha usato gas lacrimogeni per disperdere la folla e ha aperto il fuoco sui manifestanti che cercavano di assaltare il parlamento, causando almeno otto morti e decine di feriti. Questo ha scatenato ulteriori proteste e richieste di dimissioni per Ruto, che si trova intrappolato tra le richieste di austerità dei finanziatori internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale, e una popolazione che lotta con l’aumento del costo della vita. L’episodio riflette le profonde tensioni sociali ed economiche che attraversano il Kenya, con una crescente polarizzazione tra le politiche del governo e le esigenze dei cittadini. La promessa elettorale di Ruto di difendere i lavoratori poveri sembra ora vacillare sotto il peso delle necessità fiscali e delle aspettative internazionali, mentre l’opposizione e gli attivisti sfruttano la situazione per mobilitare il malcontento popolare, evidenziando la fragilità della stabilità politica nel paese.
Il Kenya affronta un elevato debito pubblico di circa 74,1 miliardi di dollari e un disavanzo di bilancio significativo. Gli aumenti delle tasse sono stati progettati per ridurre il deficit di bilancio e aumentare le entrate fiscali per finanziare i servizi pubblici e infrastrutture necessarie. Il FMI e altri finanziatori internazionali hanno spinto il governo keniano a ridurre il deficit di bilancio e a implementare riforme economiche. Queste riforme includono l’eliminazione dei sussidi per prodotti di base come la farina di mais e il carburante, e l’introduzione di nuove tasse per aumentare le entrate.
Il governo intende ampliare la base fiscale per includere nuovi settori economici, come il mercato digitale, e garantire che anche le grandi multinazionali contribuiscano equamente. Questo include la sostituzione della Digital Service Tax (DST) con la Significant Economic Presence Tax (SEPT), che colpirà le aziende che operano digitalmente senza una presenza fisica in Kenya.
Parte degli aumenti fiscali includono una controversa imposta abitativa del 3% sul reddito dei dipendenti, destinata a finanziare un programma di abitazioni a prezzi accessibili. Tuttavia questo ha sollevato preoccupazioni tra i cittadini riguardo alla gestione e all’efficacia di tali fondi, data la diffusa corruzione nel settore pubblico.