Khashoggi. L’Onu accusa Mbs

Il rapporto Callamard parla di “prove credibili che richiedono ulteriori indagini”, anche sul principe ereditario Mohammad bin Salman.

di Enrico Oliari

L’inchiesta indipendente dell’Onu sull’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi ha prodotto un clamoroso rapporto sottoscritto dalla relatrice speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Agnes Callamard, che individua le responsabilità del principe ereditario Mohammad bin Salman e degli uomini coordinati da lui, a cominciare dal suo consigliere Saud al-Qahtani per arrivare ad alti funzionari del regno hascemita. “Sussistono prove credibili che richiedono ulteriori indagini sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario”, ha scritto Callamard nel documento di 101 pagine, pur avvertendo che “non ci sono conclusioni sui colpevoli”. Per la funzionaria Onu è quindi necessario che il segretario generale, Antonio Guterres, avvii “un’inchiesta penale internazionale senza l’intervento di alcuna nazione”.
Khashoggi era entrato il 2 ottobre nel consolato saudita di Istanbul per richiedere documenti di divorzio e da lì non era più uscito in quanto ucciso da un commando di agenti segreti sauditi. Non solo tutti gli indizi già allora portavano al principe ereditario come mandante dell’efferato omicidio: nel dicembre scorso la stampa Usa ha pubblicato le conclusioni della Cia che davano Mbs (così viene chiamato il principe) aver impartito ordini al fratello Khalid bin Salman, allora ambasciatore negli Usa, per consigliare a Khashoggi di recarsi al consolato di Istanbul per ritirare i documenti di divorzio, dove era stata preparata la trappola. Per la Cia, pur non essendoci prove certe che Khalid fosse a conoscenza del piano per eliminare Khashoggi, era certo che la telefonata fu sollecitata o arrivava direttamente da Mbs.
Nel marzo scorso il New York Times ha pubblicato di un rapporto dei servizi segreti statunitensi che già un anno e mezzo prima avevano alzato l’allerta negli Usa in quanto erano venuti conoscenza del fatto che il potente principe ereditario saudita, Mohammed bin Salam, aveva ordinato operazioni segrete per mettere a tacere le voci critiche nei confronti della monarchia. Il rapporto parla di una “forza rapida di intervento” volta a monitorare, rapire e torturare i dissidenti, per cui Washington aveva aumentato la sorveglianza degli esuli sauditi politicamente attivi presenti negli Usa.
Khashoggi, dal 2017 esule negli Usa, era infatti editorialista del Washington Post con posizioni molto critiche nei confronti di Mbs, il quale anche in passato non si era fatto scrupoli nel far arrestare principi e funzionari requisendo loro cifre per svariate centinaia di miliardi di dollari.
Callamard ha scritto nel suo rapporto che “L’inchiesta saudita sull’omicidio non è stata portata avanti in buona fede e potrebbe rappresentare un ostacolo alla giustizia”, tant’è che “a 8 mesi dalla morte di Khashoggi l’individuazione delle responsabilità e quindi dei colpevoli resta nel buio della segretezza e nella mancanza di un processo giusto. Inoltre lo stato saudita non ha riconosciuto la sua responsabilità e non ha offerto le proprie scuse a famigliari, amici, e colleghi” del giornalista ucciso.
Il ministro degli Esteri saudita, Adel al-Jubeir, ha ribattuto su Twitter che il rapporto Onu riporta “accuse infondate”, “Non c’è nulla di nuovo, ripete quello che è già stato detto e diffuso dai media e contiene contraddizioni che ne mettono in dubbio la credibilità”.