Kirghizistan. Elezioni: vince Jeenbekov, ma il voto viene annullato

di Alberto Galvi

Nei giorni scorsi in Kirghizistan si è votato per le elezioni parlamentari con 16 partiti politici che hanno partecipato alla tornata per i 120 seggi del parlamento nazionale unicamerale. L’affluenza alle urne è stata più alta rispetto alle precedenti elezioni. Il Kirghizistan nonostante una relativa stabilità politica ha visto rovesciare due presidenti dalla sua indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991.
I partiti dell’opposizione, ma anche lo stesso vincitore Sooronbay Jeenbekov, hanno chiesto alla commissione elettorale centrale del Kirghizistan e ottenuto l’annullamento dei risultati del voto. L’accusa che incombe su queste elezioni è quella di corruzione attraverso la compravendita di voti. Ai seggi molte persone sono state colte in flagranza di reato, scattando fotografie della loro scheda elettorale. All’annullamento ufficiale del voto si è arrivati dopo le proteste della piazza, con scontri che hanno portato ad un morto e ad almeno 600 feriti, ma
L’attuale parlamento è dominato da una coalizione con il SPDK (Social-Democratic Party of Kyrgyzstan) che ha 38 seggi, mentre alcuni elettori vorrebbero vedere un cambiamento. Il primo ministro Mukhammedkalyy Abylgaziev si è dimesso il 15 giugno 2020 ed è stato sostituito dal vice primo ministro Kubatbek Boronov il 17 giugno scorso. Nell’estate dello scorso anno l’ex presidente del Kirghizistan e presidente dell’SPDK Almazbek Atambayev è stato arrestato con l’accusa di corruzione ed è stato condannato a 11 anni di carcere.   
Il parlamento kirghiso ha molti poteri incluso quello di nominare il primo ministro, mentre il presidente è eletto direttamente dalla maggioranza assoluta del voto popolare, in due turni se necessario per un solo mandato di sei anni. Il primo ministro è nominato dal partito di maggioranza o dalla coalizione di maggioranza nel Consiglio supremo o parlamento.
Negli ultimi anni in politica estera la leadership del Kirghizistan ha rafforzato le sue relazioni con la Russia sotto l’Uee (Eurasian Economic Union) guidata da Mosca e formata da Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Armenia, e con l’alleanza militare post-sovietica del CSTO (Collective Security Treaty Organisation). I movimenti di opposizione hanno criticato questi stretti legami, sostenendo che un tale rapporto mette in discussione l’indipendenza del Kirghizistan.