Kiribati. Il governo Maamau sceglie le relazioni con Pechino e di combattere i cambiamenti climatici

di Alberto Galvi

Il presidente della Repubblica delle Kiribati, Taneti Maamau, ha annunciato che il suo Paese cercherà il sostegno della Cina e di altri alleati per elevare le isole della nazione nel tentativo di combattere l’innalzamento del livello del mare. Maamau è stato rieletto lo scorso giugno, e da subito ha spostato la l’alleanza diplomatica del Paese da Taiwan a Pechino.
I deputati del partito TKP (Tobwaan Kiribati Party) del presidente Maamau dovrebbero tuttavia avvicinarsi ai deputati dell’opposizione per ottenere la maggioranza: i principali partiti sono BKM (Boutokaan Kiribati Moa Party), BTK (Boutokaan Te Koaua Party), KTK (Kamaeuraoan Te I-Kiribati Party), MKP (Maurin Kiribati Pati) e TK (Tobwaan Kiribati Party).
Il presidente delle Kiribati viene eletto direttamente con il voto popolare a maggioranza semplice a seguito della nomina di candidati tra i membri della Camera dell’Assemblea, per una durata di quattro anni con la possibilità di candidarsi per altri due mandati.
Lo scorso settembre sia le Kiribati che le Isole Salomone hanno cambiato la loro alleanza da Taipei a Pechino, isolando sempre di più Taiwan nel Pacifico.
Con le Kiribati che hanno solo due metri sul livello del mare nel loro punto più alto, gli scienziati del clima hanno a lungo sostenuto che potrebbero essere cancellate dalla mappa entro i prossimi settanta anni per via del del riscaldamento globale. 
L’ex presidente Anote Tong del partito BTK ha criticato a lungo Maamau per le sue opinioni sul cambiamento climatico. Maamau sostiene che la qualità della vita sta aumentando a Kiribati, che la gente non deve emigrare e che il Paese riuscirà a far fronte all’emergenza provocata dal cambiamento climatico.
L’ex presidente delle Kiribati ha invece trascorso gran parte del suo mandato incontrando i leader mondiali, parlando alle Nazioni Unite, alla COP21 e ad altri forum internazionali. Inoltre ha attirato l’attenzione dei media internazionali, sensibilizzando l’opinione pubblica sulla situazione del peggioramento del clima. 
L’attenzione su questo problema si è avuta con l’amministrazione di Tong, che è stata contattata da imprenditori di tutto il mondo. Le idee andavano dalla costruzione di isole galleggianti artificiali a pareti marine simili a castelli.
Il governo di Tong ha acquistato terreni nelle Fiji da coltivare e come luogo per evacuare l’intera popolazione del Paese se dovesse accadere il peggio. 
Inoltre la Banca Mondiale ha sostenuto che l’Australia e la Nuova Zelanda dovessero consentire la migrazione senza restrizioni dalle Kiribati e da altre isole del Pacifico minacciate dall’innalzamento del mare.
Le isole e gli atolli delle Kiribati hanno poche risorse naturali ed è uno dei Paesi meno sviluppati tra le isole del continente oceanico. 
Per le Kiribati, 110mila abitanti. sono importanti come fonti di reddito i guadagni derivanti dalle licenze di pesca e dalle rimesse dei marittimi. Lo sviluppo economico è limitato da una carenza di infrastrutture deboli, da lavoratori poco qualificati e dalla lontananza dai mercati internazionali. Inoltre il numero degli impiegati nel settore marittimo è diminuito a causa dei cambiamenti nella domanda globale di questo settore, per cui si prevede che le rimesse miglioreranno con maggiori opportunità di lavoro temporaneo e stagionale all’estero per i cittadini kiribatiani.
Dal punto di vista delle materie prime, fin dal momento dell’indipendenza dal Regno Unito nel 1979 i depositi di fosfati commercialmente validi si erano esauriti. Le Kiribati dipendono così dagli aiuti esteri e dal fondo sovrano del Paese, il RERF (Revenue Equalization Reserve Fund).
L’attività economica del Paese è dominata dal settore pubblico, con progetti infrastrutturali come quelli delle ristrutturazioni stradali, progetti igienico-sanitari, idrici e la ristrutturazione dell’aeroporto internazionale.
Le Kiribati devono risolvere alcune questioni importanti oltre a quella legata ai cambiamenti climatici, come quella della crisi delle malattie non trasmissibili e di un’elevata disoccupazione giovanile, e quindi è improbabile che la conferma del governo decisa nelle urne sia dipesa dalle relazioni con la Cina e Taiwan.