Kurdistan Irq. Confermato il referendum per l’indipendenza. Ma la posta in gioco è il petrolio

di Enrico Oliari –

Dopo quasi due anni di inattività si è riunito oggi il parlamento della Ragione autonoma del Kurdistan Irq. per deliberare sul referendum per l’indipendenza indetto per il 25 settembre. I deputati regionali sono stati infatti convocati per stabilire se procrastinare la data oppure se confermare la scelta delle autorità del governo regionale: erano stati gli Usa, su pressione di Baghdad che lo riteneva e lo ritiene tutt’oggi incostituzionale, a chiedere lo slittamento della consultazione referendaria, ma i deputati hanno stabilito con 61 voti sui 71 presenti (di 111) di mantenere la data del 25 settembre. Assenti i partiti Gorran e Komal, che hanno boicottato la votazione.
Tra Erbil e le autorità centrali non scorre da tempo buon sangue, anche per il rimpallo di accuse che ha visto Baghdad non versare il denaro stabilito per pagare i dipendenti pubblici in quanto il Kurdistan avrebbe venduto il petrolio in modo autonomo attraverso la Turcihia, ed Erbil accusare di aver dovuto vendere il greggio in modo autonomo in quanto il governo iracheno non aveva versato il denaro dovuto.
Erbil sta facendo comprensibilmente pesare l’impegno messo nella guerra contro l’Isis, con i combattenti curdi, i peshmerga, che hanno rappresentato il primo vero baluardo contro l’espansione dei jihadisti, mentre l’esercito iracheno nel 2014 è letteralmente fuggito lasciando buona parte del paese in mano al Califfato.
Ma forse in ballo c’è qualcosa di più.
Notizie Geopolitiche si è trovato lo scorso anno ad ovest di Kirkuk, sugli avamposti peshmerga, in prima linea: rispondendo ad una nostra domanda sul fatto che ci si trovava ben oltre il confine curdo, il generale peshmerga Kemal al-Kirkuki, capo delle relazioni del Partito Democratico, aveva risposto che “Kirkuk è sempre stata abitata dai curdi, deportati come i turcomanni da Saddam Hussein per sostituire la popolazione con gli arabi. E siamo noi peshmerga ad aver lottato e sparso sangue per liberarla dal Daesh. E ce la terremo per il nostro Kurdistan indipendente, a costo di fare un’altra guerra“. Un’altra guerra contro chi, gli avevamo chiesto noi. E lui, “Agli iracheni non cediamo questa terra. Se non funzionerà la diplomazia, combatteremo come abbiamo combattuto fino ad oggi“.
A Kirkuk, come a Mosul, ci sono infatti ricchi giacimenti di petrolio, e chi lo controlla, controlla l’economia di un intero paese. Sia esso l’ormai sconfitto Stato Islamico, l’Iraq o il nascente Kurdistan indipendente.
Contraria al referendum la Turchia, con il premier Binali Yildirim che ha minacciato sanzioni contro il Kurdistan Iracheno, “voglio ribadire il nostro appello amichevole a Massoud Barzani a correggere questo errore finché c’è ancora tempo”. Il rapporto tra i turchi e i curdi è ben noto, ma pecunia non olle, e fino ad oggi in Turchia è entrato il petrolio del Kurdistan Iracheno.

Kemal al-Kirkuki tra i peshmerga curdi.