La Cina propone un’Organizzazione mondiale per l’intelligenza artificiale

di Giuseppe Gagliano –

Durante il vertice della Cooperazione Economica Asia-Pacifico, il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato una proposta che, se realizzata, potrebbe ridisegnare la governance tecnologica mondiale: la creazione di una Organizzazione mondiale dell’intelligenza artificiale. L’obiettivo dichiarato è quello di stabilire regole e cornici condivise per l’uso, lo sviluppo e la supervisione dell’intelligenza artificiale, trasformandola, secondo Xi, in un “bene pubblico globale” al servizio di tutti i Paesi.
Dietro la retorica della cooperazione internazionale si intravede una mossa strategica: la Cina intende posizionarsi al centro del dibattito globale sull’IA, anticipando un possibile confronto con l’Occidente sul controllo delle tecnologie emergenti. La proposta, che prevede come sede principale la città di Shanghai, mira a conferire legittimità e visibilità internazionale al modello cinese di governance digitale, basato su pianificazione statale, centralizzazione dei dati e vigilanza algoritmica.
Negli ultimi anni Pechino ha investito enormemente nell’intelligenza artificiale, riconoscendola come una delle chiavi per la supremazia economica e militare del XXI secolo. L’idea di un organismo mondiale non nasce quindi dal nulla, ma dalla volontà di consolidare una leadership conquistata sul campo. Se gli Stati Uniti guidano l’innovazione tecnologica privata, la Cina punta invece a dirigere la definizione delle regole, creando uno spazio multilaterale che rispecchi la sua filosofia politica: la tecnologia come strumento di ordine e stabilità.
La proposta assume anche una valenza diplomatica. Mentre l’Occidente discute di etica, rischi e regolamentazioni frammentate, Pechino si presenta come l’attore capace di offrire un quadro globale, un forum permanente in cui gli Stati possano discutere non solo di sicurezza, ma anche di distribuzione dei benefici economici dell’IA. È una mossa simile a quella con cui la Cina, anni fa, aveva lanciato la Nuova Via della Seta: un progetto tecnico presentato come cooperazione internazionale, ma finalizzato a rafforzare la propria influenza politica.
L’idea di un’Organizzazione mondiale dell’intelligenza artificiale nasce anche in risposta all’avanzata occidentale nel campo della regolamentazione. L’Unione Europea ha già approvato l’AI Act, gli Stati Uniti preparano una propria legislazione federale, mentre le Nazioni Unite hanno avviato un tavolo di consultazione sul tema. Con la sua iniziativa, la Cina tenta di non restare spettatrice di un processo normativo dominato da Washington e Bruxelles.
Per Pechino, l’IA deve diventare un nuovo terreno di equilibrio multipolare: non più uno strumento di dominio tecnologico occidentale, ma un ambito di cooperazione controllata, in cui ogni Paese mantenga la propria sovranità digitale. Ecco perché l’appello di Xi Jinping a considerare l’intelligenza artificiale un bene comune globale non è solo un gesto di idealismo politico, ma un modo per ridefinire la gerarchia del potere nell’economia dei dati.
La scelta di Shanghai come possibile sede non è casuale. È la vetrina dell’innovazione cinese, la città dove si concentrano i centri di ricerca sull’IA, le piattaforme digitali e le start-up legate alla robotica e alla sicurezza cibernetica. Ma è anche un messaggio simbolico: se New York e Ginevra rappresentano il vecchio ordine multilaterale, Shanghai si propone come capitale del nuovo ordine digitale, dove le decisioni non riguardano più armi o finanza, ma algoritmi, reti neurali e dati globali.
Con questa proposta, la Cina ribadisce che la prossima grande partita geopolitica non si giocherà nello spazio o nei mari, ma nell’architettura dell’intelligenza artificiale. Creare un’Organizzazione mondiale dell’IA significa proporre un nuovo terreno di legittimità internazionale, in cui Pechino possa dettare regole, linguaggi e standard tecnici.
In un mondo in cui gli algoritmi decidono flussi economici, movimenti sociali e persino strategie militari, chi scrive le regole dell’intelligenza artificiale scrive, in realtà, le regole del potere. E Xi Jinping sembra voler essere il primo a farlo.