La Cina si prepara ad aprire il proprio fronte del conflitto multipolare

Il nuovo ministro cinese Qin, 'Perché gli Usa chiedono alla Cina di non fornire armi alla Russia mentre loro continuano a vendere armi a Taiwan?'.

di Enrico Oliari

La Cina sta portando avanti la sua offensiva diplomatica nel conflitto ucraino, dopo la presentazione lo scorso mese del piano in 12 punti per arrivare a un’escalation, al momento respinto dalle parti in guerra. Le sanzioni dell’occidente alla Russia e la chiusura, di fatto, dei canali diplomatici ufficiali hanno spinto la leadership russa a guardare per i propri commerci e per le proprie relazioni a sud e a est, dove Cina, India e Pakistan rappresentano da soli quasi la metà della popolazione mondiale, e sia il presidente russo Vladimir Putin che quello cinese Xi Jinping hanno in più occasioni parlato di “rapporti commerciali senza limiti”. Tant’è che l’interscambio commerciale tra Cina e Russia ha raggiunto il volume record di 146,88 miliardi di dollari nel 2021, un +35,8% annuo, secondo i dati pubblicati dalle dogane cinesi.
La concezione di un ordine mondiale multipolare che si va gradualmente concretizzando a seguito della crisi ucraina sta tuttavia portando la Cina a perdere il proposito di neutralità, ed i rapporti tra Washington e Pechino profumano già di guerra fredda. Al punto che ieri il nuovo ministro degli Esteri cinese Qin Gang, che è stato ambasciatore negli Usa, ci è andato giù pesante accusando l’amministrazione Biden di “continuare ad accelerare sulla strada sbagliata”, cosa che potrebbe comportare “conseguenze catastrofiche: chi ne sopporterà le conseguenze?”. La linea di Pechino rimane quindi quella dell’accusa alla Casa Bianca di cercare di contenere lo sviluppo del paese “attraverso un neo-maccartismo isterico”, ma di mezzo c’è la questione di Taiwan.
Il nodo vede la Repubblica di Cina (Taipei) e la Repubblica Popolare Cinese (Pechino) considerarsi a vicenda secessioniste, dopo che nel 1949 fu sconfitto il Kuomintang e Taipei venne proclamata capitale di tutta la Cina; nel 1971 la Repubblica Popolare Cinese aderì all’Onu, e le varie nazioni tolsero il riconoscimento a Taiwan, che oggi ha relazioni diplomatiche solo con 13 paesi minori.
Già nel luglio 2019 il Libro Bianco stabilito al Congresso del Popolo della Repubblica Popolare Cinese ha riportato il proposito di annettere Taiwan anche a costo di intraprendere azioni di forza, e da allora il governo di Taipei ha fatto schizzare alle stelle il budget militare investendo in continue forniture dagli Usa tra cui aerei da combattimento, missili teleguidati e droni, ma anche istallazioni missilistiche da difesa fra cui batterie Patriot.
Il proposito di annettere Taiwan con la forza è stato poi confermato dal presidente Xi Jinping al Congresso del Popolo dell’ottobre scorso, ma anche il neo nominato Qin è stato chiaro ieri sul Washington Post affermando che la Cina “adotterà tutte le misure che serviranno per riportare Taiwan sotto la sovranità cinese”.
“D’altronde – si è chiesto il ministro – gli Usa continuano a parlare di preservazione della pace e della stabilità delle regioni, ma segretamente preparano un piano per distruggere Taiwan”, aggiungendo poi il parallelismo sulla guerra ucraina: “Perché gli Usa chiedono alla Cina di non fornire armi alla Russia mentre loro continuano a vendere armi a Taiwan?”.
Sia la Cina che la Russia godono di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu con tanto di diritto di veto, per cui la crescente interazione tra i due paesi, catalizzata dalla crisi ucraina e dal muro alzato dall’occidente, rischia di aprire un nuovo fronte del conflitto tra i poli, questa volta in oriente.