La Cisgiordania già annessa: il processo silenzioso dell’occupazione israeliana

di Giuseppe Gagliano

Mentre l’attenzione internazionale resta concentrata sulla Striscia di Gaza, un altro capitolo del conflitto israelo-palestinese si sta compiendo in Cisgiordania. Non si tratta di un’invasione improvvisa, ma di un processo lento e sistematico che ha progressivamente trasformato l’occupazione in annessione di fatto. Come sottolineato da diversi osservatori, tra cui International Crisis Group, Israele ha spostato il baricentro dell’amministrazione di questo territorio dalle autorità militari a quelle civili, erodendo ogni distinzione tra Israele e gli insediamenti. Gli attacchi dei coloni e delle forze israeliane contro i civili palestinesi, come quelli recenti a Beita, Huwara e Deir Sharaf, non sono episodi isolati, ma l’effetto visibile di una politica strutturale.
Dal 1967 Israele controlla la Cisgiordania in virtù di un’occupazione dichiarata temporanea. Nel tempo però la costruzione e l’espansione degli insediamenti hanno creato una realtà amministrativa, economica e giuridica parallela, integrata con quella dello Stato israeliano. Con la nomina di Bezalel Smotrich, noto annessionista, al Ministero delle Finanze, questa strategia ha subito un’accelerazione decisiva. Smotrich ha ottenuto il controllo sugli aspetti civili della Cisgiordania attraverso la creazione dell’Amministrazione degli Insediamenti, spostando poteri cruciali urbanistici, infrastrutturali e legali, dalle autorità militari a quelle politiche israeliane. Si tratta di una ridefinizione del potere che consolida l’annessione informale.
Il meccanismo è stato raffinato: piani regolatori approvati senza il consenso del primo ministro, demolizioni di strutture palestinesi in Area C, legalizzazione retroattiva di avamposti illegali dei coloni. Nel 2023 e 2024 sono stati demoliti migliaia di edifici palestinesi, mentre le azioni contro i coloni sono praticamente cessate. Questo sbilanciamento crea uno spazio giuridico in cui il diritto israeliano si applica di fatto al territorio occupato, nonostante il diritto internazionale vieti modifiche demografiche significative in territori sotto occupazione militare.
A luglio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che Israele è passato dall’occupazione all’annessione nella maggior parte della Cisgiordania, imponendo allo Stato ebraico di porre fine alla sua presenza illegale e chiedendo agli altri Stati di agire di conseguenza. Ma la realtà sul terreno mostra che il margine d’azione della comunità internazionale è minimo. Dichiarare ufficialmente la sovranità israeliana su questi territori sarebbe ormai una formalità, perché la rete di insediamenti, strade, checkpoint e infrastrutture ha già ridefinito i confini.
Lo scorso agosto, nel pieno della mattanza di Gaza, la Knesset ha votato l’annessione della Cisgiordania, dove non governa Hamas.
Il piano E1 firmato da Benjamin Netanyahu nel settembre 2025 segna una svolta ulteriore. L’espansione degli insediamenti intorno a Gerusalemme mira a separare il nord dal sud della Cisgiordania, rendendo impraticabile la creazione di uno Stato palestinese contiguo e funzionale. Le comunità beduine saranno sradicate e i quartieri palestinesi di Gerusalemme Est isolati. È la geografia politica a disegnare i futuri rapporti di forza, e Israele sta incidendo questi confini sulla terra, non sulle mappe diplomatiche.
Parallelamente la leadership israeliana punta a indebolire l’Autorità Palestinese, considerata un ostacolo alla piena integrazione della Cisgiordania. L’erosione delle sue prerogative amministrative e politiche apre la strada a un controllo totale da parte israeliana. Questo processo, sostenuto da ministri e leader dei coloni, viene mascherato da iniziative di “sicurezza” e “governance”, ma di fatto punta a svuotare qualsiasi prospettiva di sovranità palestinese.
Difatti sono oltre 700mila i coloni israeliani che vivono nella terra degli altri, cioè nei Territori Occupati.
La comunità internazionale ha adottato risoluzioni e pareri giuridici, come quello della Assemblea Generale delle Nazioni Unite del settembre 2024, che imponeva a Israele di porre fine all’occupazione entro un anno. Ma a distanza di mesi nulla è cambiato. Gli Stati Uniti, pur opponendosi formalmente all’annessione, non hanno esercitato pressioni reali. L’Europa, divisa, resta in gran parte spettatrice. Così, l’annessione de facto procede indisturbata, accompagnata da violenze quotidiane e da un’infrastruttura legale che la rende irreversibile.
La Cisgiordania è ormai un mosaico di enclave palestinesi separate da blocchi territoriali israeliani. L’obiettivo dichiarato del movimento dei coloni di impedire la nascita di uno Stato palestinese sta diventando realtà. Non serve una dichiarazione ufficiale per sancire ciò che sul terreno è già accaduto: Israele controlla politicamente, giuridicamente e territorialmente gran parte della Cisgiordania. Ed è proprio questo carattere silenzioso e graduale che rende il processo tanto efficace quanto difficile da invertire.