La Corte di giustizia Onu, ‘illegale l’occupazione dei territori palestinesi’

Ma Netanyahu se ne frega, 'Gli ebrei non sono conquistatori nella loro terra'.

di C. Alessandro Mauceri

La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha emesso una sentenza nella quale si definisce “illegale” l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele. Il procedimento era iniziato 18 mesi fa, e in questo periodo sono stati auditi pubblicamente oltre 50 Stati, tra cui la Palestina e tre Organizzazioni internazionali. “Lo Stato di Israele ha l’obbligo di porre fine alla sua presenza illegale nei Territori palestinesi occupati il più rapidamente possibile, di cessare immediatamente tutte le nuove attività di insediamento, di evacuare tutti i coloni e di risarcire i danni arrecati”, ha sottolineato la Corte Internazionale di Giustizia nel “parere consultivo” richiesto dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite in merito alla presenza israeliana nei territori palestinesi. Una dichiarazione che è stata accolta con soddisfazione da molte associazioni per i diritti umani.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha risposto affermando che, dato che Israele non riconosce la Palestina, non ci sarebbe nessuna violazione: “Gli ebrei non sono conquistatori nella loro terra”. Un’affermazione che sembra aver dimenticato gli accordi sottoscritti dal governo israeliano con i palestinesi nel 1988. È proprio in base a questi accordi che la Corte ha dichiarato “illegale” l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele. Per i giudici si tratta di un’ “annessione di fatto” che deve cessare “il più rapidamente possibile”. Una decisione, quella dei giudici della Corte Internazionale di Giustizia, che dimostra per l’ennesima volta che la politica di Israele nei confronti dei palestinesi non ha niente a che vedere con gli attacchi del 7 ottobre scorso.
“La Corte Internazionale di Giustizia ha espresso la sua opinione e la sua conclusione è forte e chiara: l’occupazione e l’annessione da parte di Israele dei territori palestinesi sono illegali e le leggi e prassi discriminatorie israeliane contro i palestinesi violano il divieto di segregazione razziale e di apartheid”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, Alta direttrice delle ricerche e delle campagne di Amnesty International, la quale ha aggiunto che “Si tratta di una rivincita storica per i diritti dei palestinesi, vittime di decenni di crudeltà e di sistematiche violazioni dei diritti umani derivanti dall’illegale occupazione israeliana”. “La comunità internazionale, in particolare gli alleati di Israele, devono intraprendere azioni inequivoche per assicurare che Israele ponga fine alla sua occupazione illegale, a partire dall’immediato stop all’espansione degli insediamenti e all’annessione di territori palestinesi e dallo smantellamento del brutale sistema di apartheid contro i palestinesi. Cessare l’occupazione è un passo fondamentale per far terminare le violazioni dei diritti umani in Israele e nei Territori palestinesi occupati” ha dichiarato Amnesty International. “Israele deve inoltre porre fine al controllo su ogni aspetto della vita dei palestinesi e cedere il controllo delle frontiere, delle risorse naturali, dello spazio aereo e delle acque territoriali dei territori occupati”. In altre parole “porre fine al blocco illegale di Gaza e consentire ai palestinesi di muoversi liberamente tra Gaza e la Cisgiordania”.
La decisione dei giudici della ICJ non è la prima e probabilmente non sarà l’ultima sentenza nei confronti di Israele. In questo momento sono in corso numerosi processi nei confronti di questo paese e dei suoi leader. Il più rilevante è il caso portato in tribunale dal Sudafrica, procedimento al quale recentemente si sono uniti Spagna e altri paesi, che ha accusato Israele di violare la Convenzione sul genocidio. In attesa della sentenza definitiva sul merito di tale richiesta, la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato molte volte a Israele di fermare le azioni di guerra e di consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria a Gaza. Ma numerose indagini condotte tra l’altro da Human Rights Watch hanno dimostrato che Israele ha continuato a farsi beffe degli ordini della Corte, tanto che sono 750mila gli israeliani che vivono nei territori palestinesi occupati.
A questi procedimenti si aggiungono quelli dinanzi alla Corte Penale Internazionale (CPI): il 20 maggio il procuratore della CPI, Karim Khan, ha annunciato l’emissione di mandati di arresto contro il premier israeliano Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e i leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohamed Deif e Ismael Hanyeh a seguito dei risultati dell’indagine iniziata a marzo 2021 sui crimini atroci commessi a Gaza e in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, dal 2014 (quindi prima dell’attacco del 7 ottobre), e che il suo ufficio ha giurisdizione sui crimini nelle attuali ostilità tra Israele e gruppi armati palestinesi che copre la condotta illegale da parte di tutte le parti.
La decisione della ICJ assume un’importanza particolare su decenni di storia contemporanea. “Il parere della Corte Mondiale è la prima valutazione completa delle conseguenze sui diritti umani per i palestinesi delle politiche e delle pratiche di occupazione di Israele”, ha detto Clive Baldwin, consulente legale senior di Human Rights Watch. “Le raccomandazioni della Corte potrebbero far luce sulle cause profonde alla base delle attuali devastanti atrocità e aprire la porta a riparare i danni flagranti commessi impunemente dalle autorità israeliane negli ultimi sei decenni”.
Purtroppo la Corte Internazionale di Giustizia giudica le controversie tra gli Stati ma non può far altro che emettere dei pareri consultivi sul diritto internazionale. Pareri non vincolanti, ma che hanno un peso morale rilevante e possono diventare parte del diritto internazionale consuetudinario, che è giuridicamente vincolante per gli Stati. Il prossimo passo sarà la convocazione di una riunione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per discutere sulla sentenza. Non è la prima volta che si verifica una situazione simile. Nel 2004 l’Assemblea generale ha votato per richiedere a Israele di rispettare un parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2004 che stabiliva che la barriera di separazione di Israele violava il diritto internazionale e che doveva essere smantellato.
Il giudizio dei giudici internazionali inoltre non è riconosciuto da Israele. Resta da vedere se questa decisione potrà influenzare quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza e quanto peserà nelle eventuali future negoziazioni di pace. Di sicuro avrà un peso non indifferente sui rapporti tra Israele e gli altri Stati membri delle Nazioni Unite.
La continua violazione di Israele degli impegni presi con le Nazioni Unite, dei trattati e delle convenzioni sottoscritte (a cominciare da quelli riguardanti il Diritto Internazionale Umanitario) ma anche degli “inviti” da parte della Corte Internazionale di Giustizia, della Corte Penale Internazionale e della stessa Assemblea delle Nazioni Unite riaprono una questione mai risolta sul reale potere che le Nazioni Unite hanno sulla politica internazionale. E su quanto le sue scelte possono essere influenzate dalla decisione di pochi,si pensi al veto imposto dagli USA pochi mesi fa proprio sulle decisioni che riguardavano Israele. Una situazione tollerabile, forse, quando le Nazioni Unite vennero costituite, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in un momento geopolitico e storico ben diverso da quello attuale. Ma che ora sono assolutamente inaccettabili.