La crisi dell’Afghanistan: al via la “diplomazia parallela”

Il ruolo delle “intese regionali” di Pakistan e Qatar e dell’atteso vertice di Mosca.

di Maurizio Delli Santi * –

Il summit virtuale sull’Afghanistan promosso dal G20, ormai alla fine del turno della presidenza italiana, ha segnato un passo appena iniziale per la soluzione della crisi afghana. Probabilmente non interverranno significative novità per il vertice finale previsto il 30 e il 31 di ottobre, fatte salve soprese dell’ultima ora.
Dati gli attuali scenari, e considerata anche la difficoltà pratica di pensare ad altri tavoli di lavoro multilaterali del G20 su temi così complessi, è però molto più probabile che si apra la strada di una “diplomazia parallela”. Secondo alcuni osservatori dunque la piattaforma del G20 è stata utile ma non risolutiva, e non rappresenterà una sede prioritaria per affrontare la crisi afghana. Le grandi e medie potenze sembrano ora orientate a discutere il tema non più sui tavoli del multilateralismo, ma su quello che gli analisti delle relazioni internazionali definiscono del “plurilateralismo”: si parla tra più paesi sotto la guida di una potenza regionale.
È l’opzione da tempo promossa in particolare dalle “intese regionali” del Pakistan e del Qatar, che hanno già concretizzato una serie di incontri tra i rappresentanti talebani con delegazioni statunitensi, tedesche e della stessa Ue. Sull’esito degli incontri già svolti, la delegazione tedesca, composta dal rappresentante speciale per l’Afghanistan ed il Pakistan, Jasper Wieck, e dall’ambasciatore in Afghanistan, Markus Potzel, ha definito “una realtà” il nuovo governo talebano, confermando la volontà della Germania di continuare le sue relazioni con l’Afghanistan. E la delegazione talebana, guidata dal mawlawi Amir Khan Muttaqi, il ministro degli Esteri dei Talebani, esperto diplomatico già del primo Emirato, ha assicurato alle autorità tedesche la disponibilità a proseguire i colloqui e a garantire la sicurezza dei diplomatici stranieri e delle agenzie umanitarie internazionali.
Quanto all’incontro con le delegazioni statunitensi ed europee, una nota del Dipartimento di Stato parla di “incontro professionale” su “sicurezza, terrorismo, passaggio sicuro dei cittadini statunitensi, di altri stranieri e dei nostri partner afghani” ed anche “dei diritti umani”. Altrettanto significativo è stato poi l’ultimo incontro appena svolto a Istanbul sempre del mawlawi Mattaqi con il ministro degli esteri turco Cavusoglu, ove risulterebbero sviluppate intese perché Kabul riceva aiuti dalla Turchia e in cambio contenga il flusso dei rifugiati e, se del caso, sia disposta anche riprendersi quelli che giungessero oltre misura. Il Guardian ha parlato anche di una iniziativa del governo turco di promuovere una missione diplomatica di Paesi a maggioranza musulmana, orientata pure ad affrontare il tema della condizione femminile, in cui un ruolo efficace potrebbe essere svolto dall’Indonesia, un paese con 300 milioni di abitanti e una donna, Retno Marsudi, alla guida del ministero degli esteri.
Ma certamente molto atteso è l’incontro promosso dalla Russia, che ha già annunciato l’invito esteso al governo talebano, per una riunione internazionale sull’Afghanistan prevista a Mosca per il 20 ottobre, per la quale è previsto l’intervento di Cina, Iran e Pakistan, i paesi limitrofi più influenti sulla regione.
Toccherà dunque al nuovo G20, e per quanto concerne il nostro limes, soprattutto all’Unione Europea sapersi ricavare gli spazi giusti, non solo con gli aiuti economici, per esprimere una maggiore capacità di leadership internazionale. La grave crisi umanitaria dell’Afghanistan avrà inevitabili effetti anche sull’Unione Europea, se questa non concorre tempestivamente ai rimedi. E questi certamente non possono essere quelli della “politica dei muri”, se vuole ancora dare un senso all’ “Europa dei valori” e rappresentare adeguatamente la parte migliore della cultura di un Occidente oggi in grande difficoltà.

* Membro dell’International Law Association.