La diplomazia intraprendente di Papa Francesco

di Marco Corno

Oltre a risvegliare la coscienza dei cattolici e la speranza delle persone più povere, papa Francesco ha lanciato una grande riforma interna ed esterna della Chiesa cattolica.
Dal punto di vista interno papa Bergoglio vuole portare la periferia del mondo in Vaticano nominando preti e vescovi provenienti dalle zone più remote del globo dove la miseria e la povertà regnano sovrane come l’Indonesia, Haiti e Sri Lanka.
La denuncia delle sofferenze di queste zone si accompagna ad un processo di “purificazione” della comunità ecclesiale dalla pedofilia (considerata da Bergoglio uno dei mali peggiori) che mina la credibilità e stabilità della Chiesa, e non a caso recentemente è stata avviata una Commissione di inchiesta vaticana contro di essa.
La riforma interna della Chiesa permetterebbe a papa Francesco di trasferire l’autorità della Santa Sede dal centro alla periferia del mondo (riforma esterna) specialmente in quelle zone del pianeta diventate cruciali per l’equilibrio geopolitico dell’attuale ordine internazionale, come l’Asia, il Sud America e l’Indocina, secondo la visione pontifica di esso che considera il mondo come una società formata da popoli e non da stati, a differenza della classica visione del diritto internazionale. Questo porta papa Francesco a considerare l’uomo come il soggetto principale del sistema internazionale che deve essere tutelato da qualsiasi minaccia come la guerra. Sebbene già dal Concilio Vaticano II al concetto di “guerra giusta” è stato sostituito dal concetto di difesa comunitaria (ovvero sono stati applicati i principi di legittimità dell’autodifesa) che ha permesso alla Chiesa di riconoscere legittime soltanto le missioni di peacekeeping e ingerenza umana, adesso papa Bergoglio riforma ulteriormente la dottrina sociale della Chiesa arrivando ad affermare che nessuna guerra è giusta ma solo la pace lo è, sebbene non abbia condannato la guerra intesa come ultima ratio.
Papa Bergoglio considera quindi la diplomazia uno mezzo per raggiungere la pace e la stabilità secondo la sua visione pacifista della società internazionale.
Papa Francesco concentra le proprie forze principalmente lungo quello che nella geopolitica classica viene definito il Rimland asiatico, consapevole che ormai quello che una volta era considerato la periferia del mondo adesso è diventato il nuovo centro, per cui la Chiesa deve cogliere l’opportunità per affermarsi come principale protagonista della nuova fase storica diventando essa stessa centro “dell’equilibrio di potenza”. Per attuare questo progetto papa Francesco utilizza due strumenti canonici: la libertà religiosa e la libertas ecclesiae. Tali libertà permettono alla Santa Sede di espandere la propria influenza in quelle zone del mondo dove regna il caos proteggendo le minoranze etniche come in Birmania. Papa Francesco, oltre a denunciare globalmente la pulizia etnica dei Rohingya, ha esteso un protettorato sui bambini musulmani, quando ha messo la mano sul capo di quest’ultimi avviando probabilmente un processo di cristianizzazione di questa etnia se non religiosa quanto meno istituzionale, e quindi permettendo alla Chiesa Cattolica del Maynmar di acquisire un ruolo fondamentale nella risoluzione della guerra civile.
Ma il vero obiettivo di papa Francesco è estendere ancora di più l’influenza del Vaticano fino ad arrivare in Cina. Avvalendosi delle minoranze etniche cattoliche cinesi, la Santa Sede e Pechino sono ad un passo dal firmare un accordo storico chiarendo finalmente i rapporti internazionali rimasti in sospeso dai tempi di Mao. Anche in questo contesto le minoranze, da un punto di vista geopolitico, sono utilizzate come rampa di lancio per espandere l’influenza della Santa Sede all’interno dell’Impero Celeste istituzionalizzandola a tal punto da renderla una lobby cinese. Chiaramente i buoni rapporti tra Vaticano e Cina sono funzionali a papa Francesco per risolvere la crisi nucleare nordcoreana.
Papa Francesco, in linea con la diplomazia pontificia, condanna severamente la proliferazione delle armi, specialmente le WMD, in quanto non sono garanti di deterrenza ma di destabilizzazione che potrebbero trasformare l’attuale “terza guerra mondiale a pezzi” in una guerra atomica globale. Il papa argentino, utilizzando i buoni rapporti con Pechino, ambirebbe ad aprire una finestra di dialogo diretta con Kim Jong-un culminante magari in una Conferenza di Pechino per annichilire la proliferazione delle armi nucleari nel sud-est asiatico con il contributo non solo della Santa Sede, ma anche della Cina, della Corea del Nord, della Corea del Sud e del Giappone.
La recente visita di Papa Francesco in Sud America ribadisce invece ancora una volta il ruolo mediatrice della Santa Sede nei principali conflitti regionali come le Farc in Colombia oppure nella disputa tra Argentina e Cile (1979-1984) per il controllo di alcuni arcipelaghi. Se non che Bergoglio afferma anche la necessità di tutelare le minoranze indigene dell’Amazzonia che il riscaldamento globale e l’attività sconsiderata dell’uomo stanno distruggendo, ponendo la tutela dell’ambiente come uno degli elementi che non garantisce solo benessere ma anche stabilità politica di una regione e quindi la pace.
Per quanto riguarda gli Usa, le divergenze tra Washington e la Santa Sede hanno come oggetto il fenomeno migratorio, l’ambiente e la questione Gerusalemme capitale.
Il fenomeno migratorio dei messicani e degli islamici è diventato uno degli elementi di attrito tra papa Francesco e Donald Trump sostanzialmente per incompatibilità di pensiero. Mentre il presidente americano propone leggi di blocco delle immigrazioni per garantire la sicurezza nazionale, Papa Francesco considera tali leggi come una violazione gravissima della libertà religiosa che, secondo la dottrina sociale della Chiesa, è il principio di tutte le altre libertà fondamentali per l’autorealizzazione sia socioeconomica ma anche e soprattutto spirituale dell’individuo. Ecco perché recentemente sempre su iniziativa del Vaticano è stata avviata una grande cooperazione tra la Chiesa Cattolica del Messico e degli Usa volta a tutelare i cosiddetti “dreamers”, creando “corridoi umanitari” sicuri che sono diventati uno strumento di contropotere al Taycoon americano.
Altro elemento è l’ambiente. L’uscita degli Usa dall’accordo sul clima porterà sicuramente un aumento dell’inquinamento che ha mosso, anche per questo motivo, Papa Francesco. Oltre che incontrare Trump, il pontefice ha anche pensato ad un avvicinamento alla Cina, diventata leader in questo settore dopo “l’abdicazione” di Washington.
La questione Gerusalemme capitale, che ha scatenato un vero e proprio putiferio nello scacchiere euro-mediterraneo, ha spinto papa Bergoglio a intrattenere relazioni internazionali importanti con molti paesi mediorientali, come la Turchia, ponendo le basi per una “Santa Alleanza” tra cattolici e musulmani al fine di fronteggiare questa nuova destabilizzazione del Medio-Oriente.
In conclusione papa Francesco è un rivoluzionario che spinge con le sue gesta i cattolici, e non solo, a mobilitarsi per il bene comune (ossia il pianeta Terra), dando il buon esempio tramite una Chiesa che sta ritornando sempre più attiva nel mondo decisa a risolvere una volta per tutte i problemi che la indeboliscono al suo interno. Certo, papa Francesco ha un progetto geopolitico preciso, ma a differenza degli stati considera il potere uno strumento e non un fine, onde arrivare alla stabilità e alla pace nel mondo. Se riuscirà papa Francesco a raggiungere i propri obbiettivi è difficile da prevedere, ma sicuramente le sue gesta non saranno dimenticate perché il papa gesuita è buono, umile ma soprattutto coraggioso e intraprendente.