di Riccardo Renzi * –
In un contesto internazionale sempre più imprevedibile, l’Europa si trova a riflettere sulle proprie capacità di difesa e sul modello di reclutamento delle proprie forze armate. Se le minacce geopolitiche, come la guerra in Ucraina e l’incertezza riguardo al ruolo degli Stati Uniti, spingono verso una maggiore autonomia strategica, la domanda è come affrontare questa sfida senza replicare vecchi schemi. La risposta potrebbe risiedere in un cambiamento radicale delle politiche di reclutamento, con l’introduzione di un sistema a “porte girevoli” che favorisca la mobilità tra il mondo civile e quello militare, adattandosi alle esigenze di un’Europa che necessita di rapidità e flessibilità.
Uno degli aspetti più innovativi e discussi nel dibattito geopolitico europeo è l’idea di un reclutamento militare che permetta una commistione tra carriere civili e militari, ossia il concetto di “porte girevoli”. Questo approccio non è necessariamente destinato a coinvolgere le forze in servizio permanente, ma sarebbe estremamente vantaggioso per le forze di riserva, rispondendo così alla necessità di integrare capacità e disponibilità in tempi rapidi.
Il deputato laburista britannico Calvin Bailey, ex ufficiale della RAF, ha messo in evidenza, su “War on the Rocks”, come le forze armate dovrebbero essere in grado di “apprendere continuamente”, con una contaminazione tra il sapere militare e quello civile. L’intuizione di Bailey si rifà ai modelli educativi militari statunitensi, che negli anni hanno visto il personale in servizio, riservisti e militari in congedo beneficiare di programmi che promuovono lo sviluppo delle competenze sia in uniforme che in abito civile.
Questo modello, che ha il potenziale di favorire la mobilità sociale e di migliorare la professionalizzazione all’interno della Difesa, potrebbe rappresentare una via per integrare conoscenze e abilità civili nelle forze armate senza creare barriere tra le due realtà. La proposta di una carriera che possa passare “facilmente” tra il settore civile e quello militare, permettendo un arricchimento delle competenze, risponde così a una domanda crescente di innovazione e capacità tecnologiche.
Per rendere il reclutamento militare europeo più efficace e dinamico, sarebbe necessario abbattere i costi e abbassare l’età media del personale, puntando su un sistema che incoraggi l’ingresso di giovani, ma anche di professionisti provenienti da altri settori. La proposta di abolire lo SPE (Servizio Permanente Effettivo) e introdurre carriere più porose, che possano integrarsi meglio con l’università, la ricerca e il mondo del lavoro, rappresenta una riforma fondamentale.
Un altro obiettivo sarebbe quello di rendere il servizio militare più appetibile per il mondo industriale. Creando una simbiosi tra il settore militare e quello industriale, la carriera in uniforme potrebbe non solo divenire più accessibile, ma anche più allettante per i talenti provenienti da altri ambiti. La creazione di una “riserva istituzionalizzata” potrebbe quindi dare alle forze armate europee una risorsa flessibile e facilmente mobilitabile, pronta a rispondere alle emergenze in tempi rapidi.
Queste riforme, se attuate, potrebbero non solo accelerare il processo di modernizzazione della Difesa europea, ma anche trasformare il concetto stesso di “cittadino soldato”. Un servizio che, come suggerito, sia in sincronia con le aspettative di carriera di un individuo potrebbe migliorare il reclutamento e ridurre la percezione di una separazione netta tra il mondo civile e quello militare.
Il 12 marzo 2025 l’Unione Europea ha approvato il piano di riarmo europeo “ReArm Europe”, che prevede l’allocazione di 800 miliardi di euro in investimenti per rafforzare le capacità difensive del continente. La risoluzione, votata con una procedura d’urgenza e non vincolante, mira a consolidare l’industria della difesa europea e a ridurre la dipendenza dai fornitori esterni, specialmente dagli Stati Uniti.
Nonostante la sua urgenza, il piano ha suscitato alcune perplessità. Le modalità di finanziamento attraverso prestiti a lungo termine e l’emissione di debito comune sollevano interrogativi circa la sostenibilità economica, soprattutto per i Paesi più indebitati. La scelta di privilegiare acquisti “Buy European”, che favorirebbero le aziende europee nella fornitura di equipaggiamenti militari, ha incontrato ostacoli da parte di Paesi come la Germania, che ritiene questa politica un freno agli investimenti necessari per modernizzare le forze armate.
Le difficoltà nel raggiungere un accordo sugli strumenti di difesa e sull’utilizzo dei Fondi di coesione evidenziano la complessità di un progetto che necessita di un’armonizzazione delle politiche tra gli Stati membri. Inoltre, l’idea di un esercito europeo unificato, pur apparendo strategica, solleva questioni riguardanti la legittimità e l’efficacia di una difesa comune, specialmente quando il Patto Atlantico e la NATO continuano a giocare un ruolo fondamentale nelle alleanze difensive europee.
La creazione di un esercito europeo è un obiettivo che, sebbene richieda una forte volontà politica, sembra tuttora distante dalla realtà. Le difficoltà legate alla governance e alla sovranità degli Stati membri rendono complicata la costruzione di una difesa comune davvero unificata. Inoltre, il rischio che le divergenze tra i vari Stati blocchino il processo di integrazione potrebbe indebolire ulteriormente la capacità di risposta dell’Europa a minacce esterne, come quelle rappresentate dalla Russia o da altri attori geopolitici.
In ogni caso, la difesa europea deve essere in grado di rispondere alle sfide moderne non solo con l’uso di tecnologie avanzate e risorse economiche, ma anche con un approccio innovativo al reclutamento e alla formazione, che consenta alle forze armate di adattarsi rapidamente ai cambiamenti geopolitici. La proposta di un sistema di reclutamento basato su carriere più porose e integrate con il mondo civile potrebbe essere un passo cruciale verso una maggiore resilienza delle forze armate europee, e dunque una difesa più forte e dinamica per il continente.
* Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Scholia, Notizie Geopolitiche e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.