di Giovanni Caruselli –
La prospettiva di una grande area euroasiatica dietro l’acquiescenza occidentale verso Putin.
Benchè Angela Merkel avesse negato di avere tentato di fare entrare l’Europa in buoni rapporti con la Russia solo con gli accordi commerciali, è un dato di fatto che essi avrebbero avuto conseguenze planetarie se non fossero stati bruscamente interrotti. Oggi con i carri armati russi a pochi chilometri dai confini dell’Unione Europea si accusa la statista tedesca di ingenuità. I veri governanti hanno (o tentano di avere) lo sguardo lungo, ma probabilmente alla Merkel e a Macron non apparve chiaro che, col passare del tempo, la Russia non avrebbe accettato facilmente la perdita di influenza sui Paesi dell’Europa orientale. Un’intesa economica e commerciale avrebbe potuto creare un’area di prosperità euroasiatica che avrebbe permesso al vecchio continente di sfruttare le inesauribili risorse energetiche dell’ex Urss e avrebbe reso possibile, con la sua progredita tecnologia, un rapido sviluppo della nuova Russia. Se a ciò aggiungiamo che la Cina stava investendo enormi capitali nella Nuova via della seta, si può ipotizzare che si sarebbe creato un grande ed esteso tessuto produttivo e di scambi in cui l’Europa avrebbe giocato un ruolo chiave. In altre parole si sarebbe scritta la parola fine alle conseguenze della Seconda guerra mondiale e dato inizio a un nuovo ordine mondiale multilaterale di pace.
L’Urss si dissolve ma la nuova Russia non riesce a praticare la democrazia.
Non era fantapolitica, ma non era neanche realpolitik. La benzina che riempiva i serbatoi dei tank della Nato sarebbe derivata dal petrolio russo e la dipendenza energetica in caso di conflitto armato avrebbe costituito un grave pericolo per le forze Usa in Europa. I Paesi dell’est Europa, che si erano da poco liberati dall’influenza di Mosca, vedevano come il fumo negli occhi qualunque forma di dialogo con il Cremlino. In teoria la loro indipendenza doveva essere protetta dalla Nato, ma i decisori di questi Paesi vollero entrare nell’Alleanza. Bisogna aggiungere che gli Usa non vedevano di buon occhio una possibile crescita industriale dell’Europa, come più tardi avrebbe dichiarato esplicitamente Donald Trump. Il mercato capitalistico è quello che è. Un competitor resta sempre un competitor anche se con esso persistono legami storici, ideologici e strategici.
Gli oligarchi che puntellano il potere di Putin non sono all’altezza dei loro compiti.
Altro problema era l’affidabilità del governo russo. Il potere di Putin non era illimitato e la Russia non aveva mai avuto esperienze di governo democratico. I collaboratori di Putin, a parte qualche rara eccezione, non erano politici, avevano fatto carriera nel KGB o in altri posti chiave del sistema sovietico, soprattutto nel settore petrolifero, e si erano appropriati di enormi ricchezze a uso personale, senza alcuna preoccupazione per lo sviluppo sociale e civile del grande Paese. Gli “oligarchi” russi si divisero ed entrarono in competizione fra loro, utilizzando spesso la violenza e investendo i loro capitali in immobili, pacchetti azionari e industrie europee invece che in Russia.
L’involuzione delle istituzioni russe e l’atlantismo dell’Europa cancellano il progetto merkeliano.
Tutta la prima fase del governo di Putin fu finalizzata a mettere ordine in questa situazione. A partire dal 2000 le istituzioni statali ex sovietiche tornarono ad essere ispirate all’accentramento del potere e il sistema giudiziario si allontanò dai principi della moderna legalità. L’autoritarismo divenne sempre più rigido e i numerosi omicidi politici fecero apparire ancora una volta la Russia come un Paese inconciliabile con le libertà civili e la democrazia. In questa situazione si inquadra la rottura con l’”Occidente globale”. Giocarono in questo passaggio la diffusione di modelli di vita lontani dalle millenarie tradizioni slave, soprattutto attraverso internet, e alle crepe del sistema si aggiunse la nostalgia per un sistema che, pur con i suoi difetti, aveva assicurato stabilità e moderata sicurezza ai cittadini. Dunque le scelte della Merkel furono errate? Ci sono buone ragioni per pensarlo, anche se l’ex cancelliera continua pervicacemente a difenderle mentre scrive le sue memorie. La storia non è generosa con i perdenti. Ma talvolta neanche con i vincenti.