La risposta cinese alla visita di Pelosi: grandi esercitazioni attorno a Taiwan

di Guido Keller

Per quanto la visita della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi a Taiwan non abbia avuto un peso specifico importante, tanto che lei stessa ha dovuto sostanzialmente ribadire la posizione degli Usa di non riconoscere l’indipendenza dell’isola limitandosi al “sostegno alle democrazie in pericolo”, dopo tante minacce da parte cinese qualche segnale doveva essere dato. Così da subito i vertici militari cinesi hanno avviato grandi esercitazioni militari, sia aeree che navali, attorno all’isola di Formosa, e già nella notte da Taipei è stato segnalato che “8 caccia J-11, 12 caccia Su-30 e 2 J-1” hanno superato la linea mediana dello Stretto che divide i due paesi, cosa che ha fatto alzare in volo gli aerei di Taiwan ed allertare i sistemi da difesa Patriot.
In quelle che sono state definite da Pechino “le più grandi esercitazioni nell’area”, sono stati sparati colpi di artiglieria e lanciati missili in zone interdette alla navigazione ma che sconfinano nelle acque territoriali di Taiwan e nella Zona di competenza esclusiva del Giappone. Il ministero della Difesa di Taiwan ha riferito del lancio di 11 missili balistici Dongfeng (DF) nelle acque intorno all’isola, ed il rischio, come hanno affermato i paesi del’Asean al vertice che si sta svolgendo in questi giorni a Phnom Penh (Cambogia), è che le tensioni che si sono venute a creare possano trasformarsi in conflitti veri e propri.
D’altronde nel programma ufficiale del Partito Comunista Cinese, scritto nel Libro Bianco, c’è l’annessione di Taiwan, e la realtà vede la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica di Cina considerare a vicenda la rivale secessionista fin dalla fuga del Kuomintang a Taipei nel 1949. In più occasioni è stato ribadito da Pechino che l’annessione di Taiwan è solo una questione di tempo, ma al momento i cinesi non sembrano intenzionati ad andare oltre lo sfoggio dei muscoli. Di certo non per le minacce di Joe Biden, che da Washington ha riaffermato il sostegno degli Usa allo “status quo” di Taiwan, o per le armi americane comprate dalla presidente taiwanese Tsai Ing-wen (17 miliardi di dollari per quest’anno), più probabilmente per il rischi di vedersi chiudere i mercati commerciali, vitali per la Cina.
Proteste per le manovre militari cinesi sono arrivate dal Giappone, ed il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha annullato l’incontro previsto al vertice Asean con il collega nipponico Yoshimasa Hayash. Il Pesc Josep Borrell ha condannato “l’utilizzo della visita” di Pelosi “come scusa per svolgere un’attività militare aggressiva nello Stretto di Taiwan”. Ha quindi spiegato che “è normale che i legislatori viaggino nei vari paesi”, omettendo tuttavia che nessun paese dell’Unione Europea riconosce Taiwan. Ha comunque invitato le parti alla calma e alla moderazione.
Le esercitazioni dovrebbero concludersi lunedì, ma da Pechino è stato fatto sapere che “l’intera missione di addestramento per il lancio di munizioni vere si è conclusa con successo”, segno che i prossimi giorni porteranno ad una relativa calma.