La Santa Sede e la riconciliazione nazionale del Myanmar

di Marco Corno * –

Dal golpe del 1 febbraio 2021 il Myanmar è ritornato ad essere un Paese estremamente violento, con una giunta militare che ogni giorno cerca di rafforzare sempre di più il controllo sul territorio, aumentando la tensione con l’opposizione e con i cittadini.
L’arresto della presidente San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia e Premio Nobel per la Pace 1991, è il risultato di problemi endemici del Paese più che da quelli esterni. Nessuno dei paesi limitrofi infatti ha interesse ad un inasprimento di un conflitto che avrebbe conseguenze sulla propria stabilità e, anzi, preferirebbero che gli scontri rimanessero circoscritti all’interno dei confini birmani.
La Cina teme da sempre il caos alle sue frontiere e la sua politica estera è “impregnata” di interessi economici più che ideologici: il grande piano di investimenti cinesi nel campo infrastrutturale in Myanmar è stato avviato durante la presidenza di San Suu Kyi, prova che le relazioni tra Pechino e Naypydaw hanno una natura strettamente economica che prescinde dalla forma di regime al potere.
L’India e il Bangladesh temono che un’internazionalizzazione del conflitto, specialmente in caso di intervento USA, causi una massiccia ondata di profughi alle proprie frontiere che potrebbe creare grandi problemi di stabilità sociale. Il Bangladesh si ritrova già a gestire con enorme fatica l’immigrazione dei Rohingya, la minoranza mussulmana perseguitata nell’ex Birmania dai buddisti.
La Thailandia ha anch’essa poco interesse a prendere una posizione politica chiara sugli eventi dato che è una dittatura militare impegnata a gestire da diversi mesi movimenti di protesta interni.
Un ruolo di grande importanza per un grande progetto di riconciliazione nazione lo potrebbe, invece, ricoprire la Santa Sede che è la potenza esterna più coinvolta nella stabilità del Paese. Benché i cattolici siano solamente l’1,4% della popolazione totale, il Vaticano, soprattutto a partire dal 2017 quando la Curia Romana ha istituito relazioni diplomatiche ufficiali con l’ex Birmania, ha sempre cercato di ricoprire la posizione di conciliatore nazionale, cercando di creare una comune sinergia non solo con altre minoranze, come quelle dei Rohingya, ma anche con la maggioranza buddista, l’89% della popolazione.
Le manifestazioni di questi ultimi mesi contro la giunta militare hanno avuto come loro principali “pastori” molti esponenti della Chiesa cattolica locale che sono scesi in piazza a fianco dei manifestanti per contenere le violenze con le forze dell’ordine. Ne è esempio suor Ann Rosa Nu Tawng, inginocchiatasi davanti alla polizia e divenuta un simbolo della posizione politica che le comunità cattoliche e le loro istituzioni stanno assumendo all’interno della società birmana.
A livello più strettamente istituzionale i vescovi, in particolare il Cardinale Bo, fanno pressione sulla giunta militare affinché cessino tutte le violenze e si avvii un grande progetto di riconciliazione nazionale, prerequisito fondamentale affinché venga salvaguardata l’integrità nazionale del Myanmar e voluto fortemente da Papa Francesco al fine di inibire la débâcle socio-economica della nazione.
Infatti, il rischio maggiore, più che lo scoppio di una guerra civile, è la frammentazione dello Stato birmano ai propri confini dove gruppi etnici armati hanno già incominciato a intraprendere azioni di guerriglia contro alcune basi militari dell’esercito birmano.
Il Vaticano è consapevole che la democrazia è un progetto di lungo periodo e non di breve termine, mentre le elezioni nazionali in questo momento aggraverebbero ancora di più la situazione perché non esistono le condizioni minime di sicurezza e libertà affinché le consultazioni elettorali si possano svolgere correttamente.
La sfida della pace nella ex Birmania per una comunità e una Chiesa così piccola è molto grande, ma la perseveranza dei cattolici è fondamentale per risolvere i problemi di una nazione che più che mai necessita di quello spirito di solidarietà e di carità propri dei principi e valori cattolici.

* Esperto di geopolitica.

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