La sfida di Ennahda: ridisegnare la Tunisia del domani. Intervista a Rashid al-Ghannushi

di Saber Yakoubi –

E’ ormai trascorso un anno dal rientro in Tunisia di Rashid al-Ghannushi, ideatore e leader del partito islamico-moderato Ennahda (Rinascita, ndr.): la lunga detenzione in carcere, i compagni di lotta torturati e fatti sparire, la condanna a morte schivata per un pelo e i 20 anni di esilio a Londra sembrano ormai acqua nel momento in cui si guarda ai successi di una speranza, di un partito che è si è piazzato in testa alla prima vera consultazione elettorale, conquistando, con il 41,47% dei voti, 89 dei 217 seggi dell’Assemblea Costituente.
Intervistato per Notizie Geopolitiche a Jemmal, Rashid al-Ghannushi si presenta come una persona pacata, dalle risposte sintetiche, ben misurate e dal pensiero profondo, dove nulla è lasciato al caso.

– La Tunisia si trova ora nella fase costituente, tuttavia Ennahda è già stata investita dall’elettorato di una certa responsabilità: quali sono le priorità da affrontare?

Esattamente quello che abbiamo sostenuto durante la Rivoluzione, cioè dare risposte concrete ad un popolo che ha coronato la sua storia recente di feriti e di martiri per la libertà. Ciò che è più urgente è restituire ai tunisini la dignità, elemento essenziale per arrivare ad uno sviluppo vero. Ed ovviamente eliminare l’alto tasso di corruzione ereditato dalle precedenti dittature, una piaga che ha messo in ginocchio la Tunisia.

– Che rapporto dovrebbe avere, secondo Lei, la Tunisia con il Mondo arabo e con l’Occidente?

Le relazioni non saranno tutte uguali, ma diversificate per diverse ragioni, come la vicinanza storico-culturale o la posizione geografica. Oggi viviamo in un’epoca in cui le relazioni internazionali si intrecciano per via della globalizzazione: noi vogliamo rapporti veri, basati sulla collaborazione, sullo scambio leale e sul rispetto reciproco, dove la Tunisia viene ad essere considerata, finalmente, un Paese libero ed indipendente.
Siamo legati da accordi importanti con l’Europa, li vogliamo portare a livelli senza precedenti, tanto che il nostro primo ministro Hamadi Jebali è appena tornato da Bruxelles; stiamo lavorando alla rinascita dell’Unione dei Paesi del Maghreb, cosa per cui il nostro presidente Moncef Marzouki si è incontrato con il re del Marocco, Mohammed VI, lo scorso 8 febbraio; siamo parte della Lega Araba e lì siamo impegnai perché alla Tunisia sia riconosciuto il giusto ruolo; siamo oggetto di investimenti da parte di paesi del Golfo e stiamo cercando nuovi canali con i paesi dell’Africa subsahariana e dell’Asia: tutti progetti possibili e che richiedono un impegno determinato, rimossi nel periodo della dittatura di Ben Alì.

– Ennahda ha vinto le elezioni, eppure la Tunisia sembra divisa in fazioni che spesso arrivano allo scontro ideologico e c’è chi parla di radicalismo islamico: pensa sia possibile giungere ad una sorta di compromesso fra le diverse posizioni in materia di diritti civili?

Senz’altro. Noi vogliamo per la Tunisia una Costituzione che garantisca la dignità di tutti i cittadini, al di là delle loro idee, dei loro orientamenti: saranno assicurati i diritti di tutti, compresa la libertà personale ed il diritto sociale, ci saranno leggi che garantiranno la libertà personale ed il diritto sociale. La Costituzione sancirà anche l’indipendenza della Giustizia e dei magistrati e, cosa che non avveniva con le precedenti dittature, la centralità e l’autonomia dei ministeri. Nessuno abbia da temere: l’uguaglianza tra i sessi sarà scritta nella stessa Carta, perché noi crediamo in uno Stato che consideri il tunisino in quanto tale, al di là delle differenze.

– In Europa si teme tuttavia per la perdita di laicità in Tunisia: Ennahda, che – va detto – ha rinunciato alla violenza come strumento di lotta fin dagli Anni Ottanta, vorrebbe la trasformazione della Tunisia in uno stato teocratico o prevede comunque la separazione fra Stato ed Islam?

Queste sono solo preoccupazioni inutili ed infondate, perché o non si conosce pienamente il movimento di Ennahda, o perché viene ignorata la verità dell’Islam. Mi dispiace dirlo: specie ad Occidente è radicata un’idea vaga e distorta di ciò che significhi la nostra fede. Purtroppo viene facilmente identificato l’Islam con al-Qaeda e quindi l’immagine della religione islamica con quella di minoranze estremiste che hanno scelto di usare metodi violenti ed inappropriati. Essi non hanno nulla a che fare con l’Islam.
Va detto comunque che da sempre il mondo ha sofferto e soffre di estremismi violenti, sia nella destra che nella sinistra e non c’è quindi nulla da meravigliarsi, per quanto sia da condannare, della presenza dei radicalismi anche nell’islam.
Ennahda non è questo: è più simile a quei partiti che in Germania, in Italia o in altri paesi europei, sono legati al cristianesimo.

– Uno sguardo alla situazione palestinese… tra l’altro Ennahda ha ospitato ad una manifestazione il deputato di Hamas Huda Naim: ritiene personalmente perseguibile la linea di Abu Mazen, di due popoli – due stati, o quella di  Hamas, più radicale?

Noi vogliamo l’unità del popolo palestinese, che saluto. Per noi la terra è dei palestinesi e Israele è una nazione occupante. Per questo noi crediamo nella necessità dell’unità, non importa se con Hamas o con la Olp. Hamas rimane comunque un movimento eletto democraticamente dai palestinesi, anche della Cisgiordania, e pertanto ha pieno diritto di governare, portando le sue istanze e le sue ragioni.

– La crisi europea ed in particolare della Grecia, la Primavera araba…cosa succede al mondo?

I cambiamenti, come la Primavera araba, comportano la distruzione di vecchi schemi e quindi la perdita di centralità, ad esempio, dell’Europa, o del mondo occidentale. Le rivoluzioni del mondo arabo portano alla luce la verità di un sistema geopolitico vario e quindi la necessità di guardare il pianeta con un’altra ottica, dove qualsiasi parte può essere importante se non determinante.

– Parliamo della Siria. Recentemente c’è stato un incontro degli ulema  a cui Lei ha partecipato, dove si è discusso di al-Assad e dove si sono invitate le truppe fedeli al regime a smettere le ostilità ed a passare nelle file dell’Esercito Libero…

Quanto sta accadendo in Siria è solo un’onda del mare che sta travolgendo il mondo. I siriani vogliono un cambiamento e questo ci sarà a breve.

– E al-Assad?

Va verso il cestino della spazzatura della storia.