La società russa chiusa sta con Putin

Il sociologo Belanovsky, 'ci sono due mondi, e in guerra non si parlano'.

Agenzia Dire * –

“Quella russa oggi è una società chiusa; della guerra in Ucraina non vuole parlare e anche le analisi e i sondaggi condotti finora sono rimasti in superficie, senza andare oltre la metafora dell”unione attorno al capo’”. A parlare con l’agenzia Dire, al telefono da Mosca, è il sociologo Serghei Belanovsky.
Lo spunto dell’intervista è una rilevazione pubblicata dal Centro Levada, un istituto etichettato come “agente straniero” perché riceve anche finanziamenti dall’estero. Secondo la ricerca, con il conflitto in Ucraina l’indice di approvazione per le scelte del presidente Vladimir Putin è passato dal 71 per cento di inizio febbraio all’83 per cento, il livello più alto da anni, paragonabile a quello raggiunto nel 2014 con l’annessione della Crimea. Secondo il direttore del Levada, Denis Volkov, è possibile parlare di “unione attorno al capo”, anche se la situazione è differente rispetto a otto anni fa, in particolare perché “il conflitto in corso in Ucraina è più esteso e ciò può in teoria rafforzare il consenso nei confronti del governo anche se le conseguenze economiche saranno più significative”.
Già studioso presso l’Accademia russa dell’economia nazionale e della pubblica amministrazione (Ranepa), in seguito fondatore di un gruppo di ricerca autonomo, Belanovsky invita però ad “approfondire”, non limitandosi a formule generiche.
“Bisognerebbe porre domande specifiche, che entrino nel cuore delle questioni” dice il sociologo: “Cosa fareste in caso di mobilitazione generale? E se inviassero al fronte vostro figlio, vostro nipote o il vicino di casa? Che cosa pensate dell’aumento della disoccupazione o dei prezzi legato al conflitto e alle sanzioni nei confronti della Russia?”. Secondo Belanovsky è possibile che come altri istituti anche il Levada sia stato frenato da una stretta sulla libertà di espressione, con una nuova legge che prevede fino a 15 anni di carcere per chi diffonda notizie false sull'”operazione militare speciale” in Ucraina.
Un altro elemento da tenere in considerazione sarebbe poi la propaganda governativa. “Sui media di Stato passa l’idea che i leader occidentali siano divenuti anti-russi e anzi folli, se non proprio guerrafondai come Joe Biden o nazisti come Volodymyr Zelensky”, sottolinea Belanovsky. Convinto che la parola chiave, in tempi di conflitto, “segnati sempre da un deterioramento generale dei rapporti umani”, sia divisione. “L’esperienza delle ultime settimane mostra che in Russia porre domande circostanziate suscita spesso una reazione aggressiva o comunque di autodifesa negli interlocutori”, sottolinea Belanovsky.
In tanti preferirebbero parlare d’altro, meglio di faccende quotidiane che di politica. “Oggi la società russa è spaccata tra una maggioranza che sostiene la guerra e una minoranza che vi si oppone”, dice Belanovsky. “Questi due gruppi vivono in mondi paralleli, che non riescono a parlarsi in alcun modo, figuriamoci a convincersi”.