La solidarietà dei siriani in Italia al loro popolo: intervista a Aboulkheir Breigheche

di Enrico Oliari ed Ehsan Soltani

Breigheche grandeLa criticità della situazione siriana non investe solo gli equilibri internazionali, con Russia, Cina ed Iran da una parte e Europa unita, Turchia, Mondo arabo e Stati Uniti dall’altra. È soprattutto il dramma della degente comune, dei quattro milioni di profughi che si trovano oltre i confini o che sono parte di quella marea umana allo sbando, in fuga dai bombardamenti e dalle stragi, chiunque ne sia il responsabile.
L’unica cosa che abbonda oggi in Siria sono le armi, non solo quelle chimiche, di cui il regime di al-Assad detiene il maggior arsenale del mondo, bensì anche quelle che arrivano in abbondanza dalla Russia, o che giungono attraverso i mercati illeciti.
Le navi cariche di morte partono da Kaliningrad o da San Pietroburgo e giungono in Siria a ritmo incessante: ci ha provato, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, a convincere il presidente Vladimir Putin a non far partire i missili S300 con destinazione Damasco, ma il suo viaggio a Sochi è risolto in un buco nell’acqua. ‘Contratti antecedenti al conflitto’ gli ha risposto Putin, ‘risalenti all’epoca dell’Unione Sovietica’.
Vi sono poi le armi che stanno per arrivare, grazie alla cessazione dell’embargo caldeggiata e pretesa da Francia e Gran Bretagna, stabilita lo scorso 27 maggio in occasione della riunione del Consiglio dei ministri dell’Unione europea. Bonino contraria, per la possibile escalation che si verrebbe a creare: la palla deve rimanere nella zona del dialogo, della mediazione, non dei colpi di mortaio o dei missili che sventrano i palazzi con le famiglie dentro.
D’altronde, come ben spiegava l’intramontabile Alberto Sordi in una pellicola del 1974, “Fin che c’è guerra, c’è speranza”.
Notizie Geopolitiche ne ha voluto parlare con Aboulkheir Breigheche, medico di origine siriana che vive ed opera a Trento e che è uno dei fondatori dell’associazione “Insieme per la Siria libera”, che raccoglie generi di prima necessità, materiale sanitario e fondi per aiutare la popolazione esausta per i quasi tre anni di conflitto.
La situazione siriana è di stallo – spiega Breigheche -. Purtroppo si presta molta attenzione agli equilibri internazionali e alle riunioni che si susseguono, ma poco si pensa ai 100mila morti, alle 7mila donne ed agli altrettanti bambini uccisi, alle case distrutte: è in corso un genocidio, una vera e propria intenzione da parte del regime di annientare gli oppositori, con una media di cento morti al giorno. Purtroppo a rimetterci è anche il patrimonio artistico-culturale, basti pensare che città come Aleppo, Hama, Palmira ed altre, decretate dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità, sono oggi distrutte. La situazione è molto complessa: ormai si spera poco nell’intervento delle Forze internazionali, ma qualcosa si poteva comunque fare, come ad esempio stabilire una ‘no fly zone’ e dare un maggior appoggio ai ribelli. Al contrario Russia ed Iran continuano nel portare in Siria armi e ‘consulenti militari’, ovviamente a sostegno del regime e quindi contro la popolazione“.
– Tuttavia il Qatar ha dato ai ribelli tre miliardi di dollari…
Di questi soldi si è parlato, ma nessuno li ha mai visti. Di certo alla popolazione civile non è arrivato nulla, e sì che ve ne è bisogno, se si pensa che un quarto del popolazione è composta da profughi interni…“.
– Comunque nelle file degli insorti vi sono combattenti provenienti anche da altri paesi, in particolare dal Nordafrica e dal Medio Oriente…
È vero, ci sono combattenti che vengono da fuori e che partecipano alla lotta di liberazione: sono circa il 5 – 6 per cento degli uomini in armi. Si tratta di fratelli nella fede, che hanno deciso di fare qualcosa visto l’immobilismo della Comunità internazionale“.
– Tuttavia vi è stata l’adesione ad al-Qaeda di uno dei gruppi che compongono l’ampia costellazione degli insorti: perché il cittadino occidentale medio dovrebbe stare dalla parte degli insorti?
al-Nusra partecipa alla lotta di liberazione come tutti: certo, abbiamo appreso con stupore e dispiacere della loro scelta di schierarsi con al-Qaeda, perché i gruppi che combattono in Siria sono moderati, non estremisti e comunque con lo scopo di instaurare nel paese un ordinamento democratico.
Deve sapere che i siriani sono per loro stessa natura un popolo multietnico e pluriconfessionale… Pensi che il piccolo paese dal quale provengo è composto da una popolazione al cento ed cento sunnita, mentre il preside e gli insegnanti della mia scuola erano cristiani. George Sabra, il numero uno del Consiglio Nazionale siriano, è cristiano, il predecessore, Ghalioun, è laico…
“.
– Stupisce tuttavia l’atteggiamento ambiguo di Israele, che sembra quasi preferire la stabilità dell’attuale regime siriano all’incognita di un cambiamento di guida del paese confinante…
Tutti noi siamo sempre stati convinti della collaborazione che, sotto sotto, vi era fra gli al-Assad e Tel Aviv, basti pensare alla regione del Golan, importante sotto il profilo strategico e come riserva idrica, di fatto regalata ad Israele“.
– In cosa si è caratterizzata la repressione sotto la dittatura degli al-Assad, Hafiz prima e Bashar poi?
Fin dal 1967 è stato un susseguirsi di massacri di coloro che si esponevano contro il regime. Le prigioni erano luoghi di tortura e di violenza, quando non di morte: oggi vi è persino un’associazione di ex internati, sopravvissuti, della prigione di Palmira. Sotto gli occhi di un mondo cieco, in Siria è successo di tutto e di più: nel 1984 ad Hama ci fu lo sterminio di 30mila persone che chiedevano i diritti costituzionali. In pratica per gli al-Assad la Siria era il loro orto, il loro giardino… e tale doveva rimanere“.
– Da dove ricevono le armi, i ribelli, per continuare la lotta?
“Mentre Damasco può contare sulla Russia, sull’Iran ed oggi anche sugli Hezbollah libanesi, gli insorti continuano ad essere lasciati soli. Vengono quindi riciclate le armi che si trovano, come pure requisite quelle degli arsenali conquistati“.
– Parliamo dell’associazione che avete creato: chi siete? Quale scopo vi prefiggete?
“L‘associazione ‘Insieme per la Siria libera’ è attiva dal 2011; all’inizio ci riunivamo a Milano, provenienti da diverse città con l’intenzione di fare qualcosa per il nostro popolo. Con lo scoppio della rivolta molti siriani si sono uniti a noi ed oggi raccogliamo pacchi alimentari, medicinali, vestiti, coperte, presidi sanitari e fondi per aiutare la popolazione che soffre. Una volta organizzati, i container vengono spediti in Turchia, al confine con la Siria: sono accompagnati da nostri uomini di fiducia, perché gli aiuti umanitari non finiscano in mano ai ‘mafiosetti’ locali, che poi li rivendono. Anche da Bolzano, dove c’è l’associazione ‘Syrian children relief’, Malih Fallaha accompagna personalmente gli aiuti ai bambini siriani dei campi profughi e poi, per una questione di trasparenza, compila le schede delle famiglie aiutate“.
– Come fa un cittadino medio che vuole contribuire alla vostra iniziativa, ad essere sicuro che i fondi raccolti non vengano impiegato per acquistare armi?
Una delle nostre prime decisioni è stata quella di non aiutare i combattenti, ma solo la gente bisognosa. Non vogliamo essere immischiati nella guerra: facciamo informazione, organizziamo festival e conferenze, come abbiamo fatto a Torino, a Bologna, a Reggio Emilia, a Milano ecc. A Bologna ci siamo ritrovati con altre associazioni simili alla nostra per manifestare, a Roma abbiamo organizzato un punto di raccolta di vestiario e di viveri. In Siria abbiamo ‘adottato’ un panificio, portando il gasolio e la farina necessari a renderlo funzionante, con l’impegno della distribuzione gratuita del pane, ed un altro lo stiamo per aprire“.
– Che progetti avete per l’immediato futuro?
“Dobbiamo reperire più farmaci, aiutare più orfani. Una casa di riposo di Rovereto ci ha donato diciotto letti ospedalieri, dobbiamo consegnarli. Ma tenga presente che per noi è importante anche l’aiuto che voi giornalisti potete dare, informando sui bisogni della popolazione, e non solo sugli equilibri delle nazioni“.

Associazione ‘Amici della Siria libera’
Iban: IT86C0200824502000102398282