La Tunisia di al Nahda incontra Hamas: intervista alla deputata di Gaza Huda Naim

di Saber Yakoubi –

Prima la rivoluzione, poi la fuga di Ben Alì con la relativa caduta del regime, quindi l’ascesa al potere del partito islamico-moderato al-Nahda: mai nella sua storia recente la Tunisia si era posta all’attenzione del mondo, per quanto non ci sia nulla di strano nella scelta democratica di un popolo di dare la propria fiducia a coloro che vengano ritenuti in grado di guidare il paese sul binario giusto.
Il 13 novembre scorso, in un clima festoso, si è chiusa la campagna elettorale del partito di Rashid al-Ghannushi: al-Nahda è e resta un partito moderato di orientamento islamico, il quale ha ripudiato la violenza come strumento di lotta e crede nel multipartitismo e pertanto qualcuno avrebbe potuto trovare quantomeno insolito trovare nelle fila della tribuna d’onore un’ospite del tutto particolare, una deputata di Hamas. La cosa era inimmaginabile all’epoca di Ben Alì, quando era persino proibito marciare in modo silenzioso per protestare contro le bombe che da sempre piovono su Gaza. La presenza del deputato di Hamas ha quindi sorpreso tutti, come pure ha lasciato perplessi il fatto di non trovarne poi riscontro sulla stampa tunisina: spesso molti corrono dietro i vip del momento, come pure chi stila piani in cambio di pochi spiccioli, ma poi viene ignorato uno dei rappresentanti di un milione e mezzo di abitanti che vivono sotto embargo e che ricevono missili al posto di vestiario e di generi di prima necessità.
NotizieGeopolitiche è partita in controtendenza ed ha voluto intervistare in modo esclusivo Huda Naim, chiedendole che tipo di confronto e prospettive potrebbero poste in essere fra al-Nahda ed Hamas.
“Vede, noi guardiamo a ciò che sta accadendo nei paesi arabi con fiducia e speranza e pertanto riteniamo importante ogni cambiamento che abbia un’influenza diretta e positiva sulla causa palestinese: diciamocelo chiaramente, ogni azione di armonia fra i popoli arabi viene ad essere un elemento che complica la strategia di occupazione israeliana. Ogni giorno cadono detrattori della nostra causa e quindi cresce la nostra volontà di resistenza e di lotta. Allo scoppiare delle rivoluzioni nel mondo arabo, i politici ed i militari israeliani si sono trovati travolti da un insieme di eventi che hanno scombussolato le carte che erano state sistemate per loro attraverso i trattati di Oslo, di Camp David ed altri. Tutto il mondo ha seguito l’evolversi degli accadimenti nel mondo arabo ed ha potuto notare che in tutte le manifestazioni veniva urlata la libertà per la Palestina”.
Al Nahda non è da meno, dal momento che lei oggi si trova qui…
“Quando a Gaza ci sono state le libere elezioni, il popolo di quella parte della Palestina ha scelto un governo islamico, ed allo stesso modo si è espressa la maggioranza del popolo tunisino. Idem per la Libia e per l’Egitto, dove i pronostici danno vincenti i Fratelli musulmani: è la prova della sete di riscatto che hanno i popoli martoriati dalle ingiustizie, schiacciati dall’umiliazione e tenuti perennemente in assai poca considerazione. Noi siamo convinti che nessun’altra politica, se non quella islamica, che è fondata sulla giustizia sociale, possa salvare le terre arabe”.
A seguito di lunghe trattative fra voi ed Israele vi è stato un importante scambio di prigionieri: siamo davanti ad un cambiamento radicale per cui Israele oggi concede ciò che prima non osava dare?
“Mi creda, l’apparenza inganna. Il governo Netanyahu è in bilico, spesso disorientato e senza idee e soprattutto molto, molto preoccupato. Oggi Tel Aviv è vittima della sua stessa arroganza e del suo stesso incommensurabile narcisismo. Gli occupanti sono convinti di essere al di sopra di ogni legge internazionale e la vicenda del soldato Chalit e dei palestinesi liberati ne è la prova: gli sionisti non danno nulla se non possono riprenderselo con la forza e questa è una cosa che noi diciamo da sempre, che molti hanno capito e che altri fanno finta di non vedere, per pura ipocrisia. Ni conosciamo la fragilità del nostro nemico e siamo consapevoli della sconfitta psicologica che pende sopra gli sionisti: sfido le loro macchine da guerra ad entrare a Gaza!”.
Al-Ghannushi ha già fatto sapere che Israele verrà visto da al-Nahda come uno Stato canaglia e che non ci saranno rapporti diplomatici fra Tunisi e Tel Aviv: come è stata interpretata tale notizia in Palestina?
“Sapevamo di poter contare sull’appoggio politico del leader al-Ghannushi: noi abbiamo imparato a conoscerlo da tempo, attraverso i suoi libri ed i suoi interventi. Nessun uomo che abbia sani principi, che si senta libero, può riconoscere legittimità ad Israele. Il popolo arabo tunisino non accetta da sempre i soprusi ai quali è costretto il popolo arabo palestinese, cosa ben nota ad al Nahda, ed ecco perché io ritengo che la vittoria del partito di al-Ghannushi sia la vittoria dei palestinesi”.
Possiamo quindi considerare la sua partecipazione alla chiusura della campagna elettorale di al-Nahda, partito che è uscito vincitore dalla competizione elettorale, come un vero e proprio riconoscimento ufficiale del popolo tunisino nei confronti di Hamas quale autorità legittima di rappresentanza del popolo palestinese?
“Va ricordato che noi di Hamas abbiamo vinto le elezioni in modo del tutto democratico, nonostante siamo stati contrastati dall’Occidente ed in particolare dall’amministrazione americana. E di certo fino a che avremo la fiducia degli elettori noi saremo la vera autorità in Palestina”.
Eppure il mondo vi considera terroristi…
“L’Occidente ha sbagliato quando ha chiuso le porte ad Hamas ed ha teso la mano ai regimi dittatoriali, come quello di Ben Alì. Ci ha profondamente rattristato il fatto che l’Europa avesse adottato una politica di codardia, sempre all’ombra degli Stati Uniti, ma siamo anche dell’idea che col tempo le cose possano cambiare ed insieme si possa lavorare senza preconcetti, a 360 gradi. Anzi, attraverso il vostro giornale lancio un appello alla classe politica internazionale con il quale raccomando di essere onesti nei giudizi per guadagnarsi il rispetto e la considerazione dei popoli: se vi è l’intenzione di tenere alti i propri interessi nel mondo arabo, si sappia che le cose stanno cambiando velocemente.
Hamas ed il movimento islamico tendono le mani a tutte le nazioni e a tutte le religioni: noi siamo pronti a costruire rapporti con tutti coloro che vogliono cooperare senza pregiudizi, siano essi europei o americani. Io penso che l’Occidente debba fare tesoro di questo mio semplice consiglio e soprattutto che capisca che, oggi, la situazione araba non è più in mano di quattro potenti, bensì dei popoli.
Diceva un rivoluzionario ceco: poi calpestare i fiori, ma non poi ritardare la primavera…  ed oggi, è già primavera”.